venerdì 6 settembre 2019
A Papa Francesco non piacciono gli americani. Non solo quelli della destra cattolica Usa che lo attaccano e vorrebbero che si dimettesse seguendo l’esempio del proprio predecessore. Ma gli americani in genere. Quelli che non solo hanno inventato il consumismo ed esportato il capitalismo in tutti gli angoli del mondo, ma hanno fissato, con la dottrina Monroe, che a comandare nelle due Americhe debbono essere solo loro.
Tutto questo dimostra che Papa Francesco è un peronista di sinistra? Probabilmente sì. Ma la questione che si pone non è che il vicario di Cristo sia un convinto sostenitore di una teologia della liberazione in salsa peronista, ma che abbia come unico obiettivo quello di convertire l’intera Chiesa alla sua ideologia, disinteressandosi completamente delle conseguenze pratiche e concrete che la sua scelta produce sulle società del mondo occidentale.
Un laico può anche infischiarsene se la Chiesa diventa peronista di sinistra e per farlo scatena al proprio interno una sorta di crociata contro chi non accetta una conversione così radicale. Il mondo cristiano è sempre stato segnato da feroci guerre intestine. E se un Papa ed una parte delle gerarchie ecclesiastiche decidono di lanciare interdetti, scomuniche e quant’altro contro i presunti eretici, sono fatti loro. Ma un laico non può non rilevare come le guerre fratricide tra i cattolici abbiano conseguenze pesanti sulle realtà politiche e sociali dei Paesi occidentali. E non può non denunciare la grandissima pericolosità dei risvolti politici delle scelte ideologiche ammantata da motivazioni religiose compiute da Francesco.
Certo, in un Paese dominato da un conformismo papista pari a quello presente nel regime komeinista iraniano, criticare il Papa è un atto ai limiti del reato. Ma perché tacere se Francesco è anticapitalista ed anticonsumista e si è convinti che un capitalismo con regole ed un consumismo mitigato da limiti alle multinazionali costituiscono l’unica risposta allo sviluppo del pianeta ed ai problemi di povertà ed indigenza delle aree arretrate? E perché non contestare l’antiamericanismo peronista se si crede che l’Atlantismo sia mille volte meglio del servaggio all’egemonia franco-tedesca? E perché non opporsi all’obiettivo del meticciato multietnico del papato Ong non in nome di una inesistente purezza della razza ma sulla base del legittimo timore che l’apertura indiscriminata provochi tensioni sociali e politiche difficilmente gestibili? E perché, infine, se non si è d’accordo sul marchio papale dato al Governo Conte bis non dirlo senza timore di scomuniche ed interdetti?
Un Papa tutto politico non è infallibile ma contestabile!
di Arturo Diaconale