Csm: lo stupore degli ipocriti

venerdì 7 giugno 2019


Osservando con un minimo di oggettività le vicende che coinvolgono in questi ultimi giorni ben cinque appartenenti al Consiglio Superiore della Magistratura, uno dei precedenti Consiglieri, un paio di pubblici ministeri in servizio presso la Procura di Roma, alcuni politici e chissà chi altri, occorre guardarsi da una effettiva sorpresa. Infatti, ciò che è emerso rappresenta purtroppo una semplice ed inaspettata evidenza di pratiche ormai risalenti a decenni addietro e sulle quali molti, anzi tutti – tranne qualcuno – avevano fatto sempre finta di non sentire, di non sapere, di non capire. Insomma, di fronte allo stupore manifestato oggi da tanti, personalmente non posso che stupirmi. Mi stupisco molto che costoro si stupiscano. E allora, come interpretare questo stupore, oggi così diffuso e pervasivo?

Probabilmente in due modi. Secondo un primo modo di vedere, potremmo forse scorgervi null’altro che una autentica forma di ipocrisia; quella tipica di coloro che, vedendo il male, gridano a gran voce che si tratta di uno scandalo e che loro non ne sapevano nulla: ottima e collaudata via d’uscita per prenderne le distanze pubblicamente, tirandosi fuori. Insomma, il gioco delle scimmiette: io non c’ero; se c’ero, non vedevo e non sentivo; per questo, non parlavo.

L’altro modo è immaginare che quelli che oggi stupiscano fossero da molti anni cerebrolesi, vale a dire incapaci di vedere e comprendere ciò che avveniva sotto i loro occhi. Escludo tanto numerosi cerebrolesi e propendo perciò per il primo modo sopra accennato.

L’esercizio che molti giornali riportano è allora quello della più risaputa ipocrisia, propria di chi sapeva tutto e addirittura partecipava allo scempio, ma oggi, visto che ad esser stato trovato con le mani nella marmellata è stato un altro, si precipita a dichiarare di essere rimasto scandalizzato e che bisogna fare subito qualcosa. Come se già a metà degli anni settanta, Salvatore Satta - sottile giurista e raffinato scrittore - non avesse a più riprese additato pubblicamente lo scandalo delle manovre correntizie in seno al Csm: ma proprio gli scandalizzati di oggi fingevano di non sentire.

Come se già nel 1987, Leonardo Sciascia – acuminata coscienza critica dell’Italia del tempo – non avesse individuato pubblicamente il perpetuarsi di tale scandalo: ma proprio gli scandalizzati di oggi fingevano di non sentire. Come se negli anni successivi, diverse voci, forse isolate - ma udibilissime per chi avesse orecchie per sentire - fra le quali quella di Arturo Diaconale e quella di chi scrive, non avessero molte volte chiesto, invano, di arginare lo strapotere delle correnti della Magistratura: ma proprio gli scandalizzati di oggi facevano finta di non sentire.  

È allora opportuno che gli scandalizzati di oggi si esercitino a tacere, per almeno due buone ragioni. La prima sta nel fatto che costoro non sono credibili, dal momento che tutti ormai hanno capito il loro gioco e tutto sta a non affidar loro una possibile riforma del sistema, perché sarebbe come raccomandare la pecora al lupo. La seconda sta nell’esercizio di un minimo, residuale, senso di pudore, ammesso appunto che ancora ne abbiano.

Il resto è silenzio. Perché le riforme necessarie (abolizione per legge delle correnti, abolizione della Accademia per i magistrati, separazione delle carriere…) non si faranno mai. È noto infatti che un potere consolidato non si suicida mai. A meno di qualche fortunata eccezione.


di Vincenzo Vitale