giovedì 13 dicembre 2018
Qualcuno mi accuserà di essere prevenuto nei confronti del “Governo dei miracoli”, tuttavia quello strano 2,04 per cento, che nel corso dell’ultimo incontro del premier Giuseppe Conte coi vertici di Bruxelles ha preso il posto del precedente 2,4 per cento, sembra studiato a tavolino per ingannare buona parte di un popolo notoriamente in testa all’analfabetismo mondiale, inducendo molti a pensare che nulla di sostanziale sia cambiato. Ma ammesso e non concesso che trattasi di una pura casualità, resta quasi immutata la criticità di una Manovra di Bilancio basata su numeri e numerini fondamentalmente scritti sull’acqua.
In primis occorre ricordare ai più distratti che l’intera impalcatura della manovra medesima poggia su una previsione di crescita, l’1,5% per il 2019, che non sta né in cielo e né in terra. Se consideriamo che si sta sempre più avverando la funesta prospettiva di un ultimo trimestre dell’anno in corso ancora in terreno negativo, facendo precipitare all’indietro il Pil del 2018, i margini per realizzare nei 12 mesi successivi una sorta di nuovo boom economico non esistono.
Questo significa che, a meno di un intervento divino, i calcoli dell’Esecutivo giallo-verde risulterebbero del tutto sballati, portando il deficit reale per il prossimo triennio ben sopra le sue ultra-ottimistiche previsioni. Ed è proprio la traiettoria di medio periodo che, al di là dei citati numerini, preoccupa i mercati finanziari, prima ancora che i cosiddetti eurocrati. Numerini sostanzialmente taroccati che non parlano di misure strutturali per lo sviluppo, come potrebbero essere alcuni seri investimenti o tagli di imposte realizzati a fronte di risparmi di spesa, bensì quasi esclusivamente di spesa corrente di natura assistenziale. In tal senso sempre di investimenti parliamo, ma solo ed esclusivamente finalizzati ad un mero ritorno in termini elettorali. E quando lo sviluppo di chi occupa la stanza dei bottoni riguarda essenzialmente quello dei consensi, pagato a carissimo prezzo soprattutto dalle prossime generazioni, allora sono proprio guai seri e per tutti.
di Claudio Romiti