Burocrati versus Burocrazia

venerdì 30 novembre 2018


All’occasione, mi piace ripetere, sebbene la ripetizione non giovi neppure un po’, che pretendere di riformare la burocrazia con dosi aggiuntive di burocrati equivale ad usare i lipidi per sgrassare il colesterolo. L’ultima occasione, per adesso, è offerta dal progetto di legge della ministra per la Funzione pubblica, Giulia Bongiorno, una illustre penalista prestata alla politica, seriamente intenzionata ad accrescere l’efficienza dell’amministrazione e diminuire l’assenteismo degl’impiegati. Vastissimo programma, non solo dell’ultima ministra, ma anche dei colleghi che l’hanno preceduta nello strabiliante ruolo, variamente denominato negli anni, di ministro per riformare i ministeri! Per cercare di spiegare la vanità di cotanto progetto mi servirò di un esempio personale e di un principio generale, estratto da un libro mirabile, che perciò pochi leggono, men che meno, a quanto sembra, i ministri in questione che si distinguono tutti non per fare il necessario, ma per escogitare novità, per di più costose.

Esempio personale. Il mio primo lavoro fu nel 1970 di “consigliere di terza classe” (così era qualificato allora il primo gradino della carriera direttiva) del ministero della Difesa. La presenza in ufficio era assicurata dal funzionario immediatamente superiore, il capo della sezione. Non si usciva dalla stanza di lavoro senza il suo permesso. L’ingresso al lavoro era fissato alle otto di mattina; l’uscita alle quattordici. Non esistevano né firme di presenza, né aggeggi di controllo. La verifica d’ingresso e d’uscita avveniva in un modo tanto semplice quanto efficace: prima delle otto dovevo bussare alla porta del capo divisione, che sovrintendeva alle varie sezioni, e salutarlo con un caldo “buongiorno”; altrettanto all’uscita, dopo le quattordici. Questo sistema funzionava alla perfezione per un motivo determinante: il capo arrivava prima dei sottoposti e se ne andava dopo e rispondeva ai superiori del complessivo buon andamento degli uffici dipendenti da lui. Poi è venuto il cartellino elettronico, che non ha ridotto, ma accentuato l’assenteismo (salvo l’intervento della polizia giudiziaria!) perché ha allentato, fino a vanificarla, la responsabilità personale dei controllori. Tant’è che viene invocata una tecnologia ancor più tecnologica. La ministra, ipersensibile all’invocazione, propone infatti “sistemi di identificazione biometrica e di videosorveglianza in sostituzione dei diversi sistemi di rilevazione automatica, attualmente in uso”. Roba da servizi segreti e guerra fredda oppure, se volete, da sistemi antievasione per carcerati. Roba, ovviamente, costosissima. L’amara conclusione è che, quando non si vuole prendere il toro per le corna, ci si contenta di fingere di tirarlo per la coda.

Principio generale. Un caposaldo degli studi sui sistemi burocratici, dei quali la Pubblica amministrazione in senso stretto è solo una parte, è “Burocrazia” di Ludwig von Mises, il quale afferma: “Il tipo di competizione capitalistica esige che uno superi gli altri sul mercato tramite l’offerta di prodotti migliori e meno costosi. Il tipo di competizione burocratica consiste, invece, di intrighi alle ‘corti’ dei potenti”. E aggiunge: “L’amministrazione pubblica e la gestione dell’apparato statale devono necessariamente essere formalistici e burocratici. Nessuna riforma può eliminare la natura burocratica dell’Amministrazione statale. È inutile prendersela con le sue lungaggini e la sua inefficienza. È vano lamentarsi che l’assiduità, lo zelo e la diligenza nel lavoro della media degli impiegati statali siano in generale inferiori all’assiduità, allo zelo e alla diligenza del lavoratore medio delle imprese private”.

Queste parole, scritte più di mezzo secolo fa, valevano allora e valgono ancora di più oggi che la burocratizzazione della società ha molto proceduto da allora. Tuttavia, sorda o forse ignara dell’insegnamento di cotale Maestro, la ministra ha progettato un ulteriore apparato burocratico in funzione antiburocratica, individuato, non senza sprezzo del ridicolo, così: Nucleo delle azioni concrete di miglioramento dell’efficienza amministrativa denominato Nucleo della Concretezza”.

Il rivoluzionario manipolo di prodi burocrati sarà composto da cinquantatre funzionari ed impiegati e costerà € 1.239.000 per l’anno 2018 e soltanto € 3.894.000 per ogni anno seguente. Alcuni potrebbero dire che la cifra è pur sempre una goccia nell’oceano della spesa pubblica. Altri replicherebbero che anche un solo euro è sprecato se spenderlo è non solo inutile ma addirittura controproducente. Ovviamente il “Nucleo della Concretezza” (con la ‘C’ maiuscola!) di concreto ha solo la carta su cui è scritto e i soldi che costa. Quanto al resto, è fatto del solito garbuglio normativo e regolamentare di piani, controlli, coordinamenti, rapporti, verbali, eccetera eccetera, che prolificheranno, a contatto con gli uffici, altri mostriciattoli burocratici, i quali, anziché semplificare, gonfieranno viepiù il vortice delle disfunzioni amministrative, la passione cavillosa dei perditempo, l’inconcludenza macchinosa di apparati ed impiegati.


di Pietro Di Muccio de Quattro