lunedì 26 novembre 2018
L’Italia non è sempre stata una nazione a vocazione forcaiola e manettara come quella di oggi che ha un ministro dei Cinque Stelle a via Arenula. Anzi, verso la fine degli anni ’80, quando la finta rivoluzione di “Mani pulite” che poi rovinò il Paese sembrava ancora lontana, ci fu un momento in cui le iniziative garantiste “voltairiane”, cioè a favore del nemico politico, vero o presunto, andarono persino di moda.
Una delle più famose vide per protagonisti Laura Terni, una militante radicale che è venuta a mancare qualche settimana fa, e l’associazione radicale “Gruppo Satyagraha – Associazione radicale gandhiana”, di cui la donna era una delle principali responsabili. L’iniziativa voltairiana in questione fu quella che portò nel settembre 1987, dopo oltre un mese e mezzo di sciopero della fame a staffetta in suo favore, alla concessione degli arresti domiciliari per Paolo Signorelli, professore di liceo di estrema destra che era stato incarcerato come mandante ideologico e pratico di tutte le stragi fasciste, a cominciare da quella di Bologna del 2 agosto 1980, sette anni prima. E che si trovava in galera a Parma in un carcere di massima sicurezza senza una condanna definitiva. Siccome si trattava di un fascista, un cattivo maestro di destra, per lui non si mobilitarono tutti gli amici di sinistra nel Parlamento e nelle istituzioni che invece si erano mossi nel 1979 per Toni Negri.
Per fortuna di Signorelli, che in seguito venne assolto da tutte le accuse e morì a casa propria da libero e da innocente il primo dicembre del 2010, sua moglie Claudia che sino a quel primo di agosto 1987 le aveva provate tutte per sensibilizzare l’opinione pubblica sul suo caso senza peraltro trovare alcuna sponda, tanto meno a destra tra i pavidi maggiorenti del Movimento Sociale Italiano, ebbe la buona idea di rivolgersi al Partito Radicale di Marco Pannella. Che all’epoca aveva come segretario Giovanni Negri.
Ebbene, nonostante lo scetticismo antipatizzante di quest’ultimo, che già aveva malvisto l’operazione della candidatura di Toni Negri e temeva la reazione degli elettori radicali per la difesa garantista di un camerata, la moglie di Signorelli si fece ricevere e gli spiegò la cosa. Negri disse: “Non possiamo fare niente”, tentando di lavarsene le mani. Ma la signora Claudia, vista uscire in lacrime nel salone di via di Torre Argentina 18, la vecchia sede del Partito Radicale di quei tempi, fu intercettata proprio dalla militante radicale di base Laura Terni. Che la prese sottobraccio e la consolò. E, con l’associazione Satyagraha, iniziò una battaglia durissima fatta di scioperi della fame e fiaccolate sotto il carcere di Parma (aderirono migliaia di persone). E, alla fine, quando finalmente la notizia ebbe l’eco che meritava sulla stampa in quel caldo agosto del 1987, con tanto di intervento di Enzo Tortora stesso a favore di Signorelli, la Terni spiazzò tutti iniziando uno sciopero della fame a oltranza il 15 agosto per chiedere l’immediata fine dell’isolamento carcerario di Signorelli che durava da sette anni.
E nell’estate di quel 1987 siccome - grazie Dio - era Guardasigilli un certo Giuliano Vassalli, e non il cittadino Alfonso Buonafede, la vicenda giudiziaria di Paolo Signorelli ebbe una significativa svolta. Fino alla concessione a metà settembre degli arresti domiciliari. Fu uno dei rari esempi nella politica italiana – ma non in quella radicale – di una lotta fatta a favore di un potenziale nemico. Tutto il contrario di quel che accade oggi nell’Era del Governo del cambiamento dove è di rigore il garantismo solo in casa propria.
La storia di questa vicenda – raccontata con accenti commossi da Laura Arconti anche sabato scorso sulle frequenze Radio radicale durante la trasmissione sul tesseramento (per il raggiungimento entro l’anno di quota 3mila iscritti, ndr) – narra anche delle reazioni un po’ indispettite dell’allora segretario Giovanni Negri. Che sembrerebbe fosse solito, incontrando Laura Terni nel salone del partito, salutarla sarcasticamente con il saluto romano. Ma a ben vedere il comportamento da vera militante radicale era stato quello della compianta Laura Terni, non il suo.
Inutile dire che lo Stato italiano si comportò anche peggio sia di Giovanni Negri sia degli ipocriti esponenti dell’Msi dell’epoca (che lo avevano espulso dal 1976 e che in quel frangente fecero a gara nel far finta di esserselo dimenticato): a Paolo Signorelli non venne mai riconosciuto alcun risarcimento per l’ingiusta detenzione.
di Dimitri Buffa