Governo anti-Europa o campagna elettorale continua?

venerdì 23 novembre 2018


Il gioco politico è a livello europeo e, come vorrebbe un detto caro alla Lega: quando il gioco si fa duro i veri duri cominciano giocare. Più terra terra vorremmo comunque semplificare notando che il quadro (politico) è complesso. E il percorso? In salita.

Frasi fatte, certo, e provenienti dalla Prima Repubblica (che in totale congedo non pare proprio), ma pur sempre esemplificative di una situazione al centro della quale si pone il Governo bipartitico, o bicolore che dir si voglia. E non è bello, per dirla tutta. Anche se, come aggiungono i loro amici, Governo e maggioranza ce la metteranno tutta a rimediare. Ma come?

I due vice premier meriterebbero un ritratto ragionato della loro persistente e insistente presenza televisiva come in una sorta di continuum della campagna elettorale, piuttosto che da illustrazione e offerta di opere, progetti e scelte del governo in carica da sei mesi circa. In quel “quasi” ci mettiamo il rapporto con la Commissione europea in relazione all’allarme su spread e mutui, con gli italiani che non comprano più i Btp, per cui se Luigi Di Maio si dice pronto ai tagli, Matteo Salvini si dichiara contro Pierre Moscovici, con quest’ultimo che si rifiuta di trattare con i venditori di tappeti.

La situazione non è semplice e neppure di facile soluzione e, come rileva il nostro giornale con puntualità, lo scontento dichiarato, pressoché quotidianamente, dal ministro Paolo Savona la dice lunga sulla stessa tenuta (durata?) della attuale maggioranza. Qualcuno vorrebbe definire questa una vox clamantis in deserto, se non fosse che, sia l’autorevolezza savoniana sia il contesto invitano chi ha il compito di governare a compiere delle scelte.

Intendiamoci: i due “vice” rappresentano due partiti che si sono presentati alle elezioni del 4 marzo con programmi diversi se non contrapposti, ma una sorta di antieuropeismo, sia pure con differenze, sembrerebbe accomunarli, con un primato indubbio in questa ostilità da parte di Salvini, non a caso considerato portatore e simbolo di quel sovranismo che s’aggira per il Vecchio Continente e che va, appunto, sotto il nome di antieuropeismo. Costretti da loro stessi a gestire il Paese da Palazzo Chigi, sono per dir così obbligati a fare buon viso a cattivo gioco ogni volta che insorgono divergenze anche in una caso come questo che, tuttavia, ci sembra uno dei più importanti anche e soprattutto perché deriva essenzialmente dall’esame europeo della stabilità testé approvata.

La Commissione europea, come ben sappiamo, ha condannato il disegno di legge di stabilità del Governo italiano per il mancato rispetto del patto di stabilità, con un seguito non lieve consistente nella apertura di una procedura di infrazione sulla violazione del trattato istitutivo e regolatore dell’Europa. Ci si trova di fronte ad una violazione da parte del nostro Esecutivo delle regole e degli accordi ma la nota da non sottovalutare e che, a quanto si sussurra nei corridoi, ha preoccupato ulteriormente il ministro Savona, riguarda la situazione in cui ha finito col trovarsi il nostro Paese, ovverosia un vero e proprio isolamento nell’Eurogruppo. Il nostro giornale insiste spesso sull’Ue come “Condominio Europa” e sulla Bce, i cui avvertimenti sono espliciti nel senso che l’economia italiana così non può reggere a lungo, mentre sullo sfondo risuonano gli allarmi di Moscovici che non vuole essere Babbo Natale e reclama più serietà e meno ironia, con controreplica piccata di Salvini che chiedendo rispetto per gli italiani sottolinea che non sarà fatto nessun passo indietro e, dal canto suo, Di Maio conferma il “no” ad una manovra correttiva: “L’Europa non ci tratti così!”. E il pacificatore Giuseppe Conte butta subito acqua sul fuoco.

Ci si chiede a questo punto se la bandiera antieuropea sia portata soprattutto da Matteo Salvini, tanto più che la sua provenienza “lumbard” è eloquente a tal proposito, sia pur modificata via via in estensioni ben oltre il confine lombardo e nordico con vive attenzioni all’elettorato meridionale. Ora può essere ben considerato il vessillifero più convinto del sovranismo. Ma quanto vi è in questo suo ruolo sempre più spesso esplicitato day-by-day in tv, di antieuropeismo autentico? O, a quanto pare, prevale su tutto, sovranismo compreso, un presenzialismo funzionale a ciò che semplicisticamente definiamo come campagna elettorale continua? E quale miglior postazione che quella a Palazzo Chigi?

 


di Paolo Pillitteri