Le due bizzarrie del Partito Democratico

lunedì 19 novembre 2018


Nell’annunciare la propria candidatura alla segretaria del Partito Democratico, Marco Minniti ha rilavato l’assoluta necessità di chiudere la fase del partito in cui si parla solo di persone e poco di politica e tornare a discutere di politica lasciando da parte il tema delle persone. Il proposito è più che comprensibile. Dopo gli anni della personalizzazione massima del renzismo, sfociati nel risultato del 4 marzo, appare del tutto logico che il gruppo dirigente del Pd voglia girare pagina avviando un percorso segnato dalla prevalenza delle idee sulle personalità dei leader.

Non è un caso, quindi, che il proposito di Minniti sia lo stesso di tutti gli altri candidati alla segreteria. A partire da Nicola Zingaretti fino al segretario dimissionario ma deciso a puntare alla riconferma, Maurizio Martina. Questa comunanza di volontà di chiudere una volta per tutte con la fase del leaderismo renziano dovrebbe essere seguita dall’indicazione delle diverse idee con cui i singoli candidati vorrebbero rinnovare e rilanciare il Partito Democratico.

Al momento, però, una differenza di linee strategiche tra i vari aspiranti alla segreteria non sembra ancora emergere. Minniti, Zingaretti, Martina, tutti di provenienza post-comunista, sembrano indirizzati a riorganizzare il Pd risvegliando la sua identità di sinistra nella convinzione che presto o tardi quella parte di elettorato trasmigrato nelle file del Movimento Cinque Stelle abbandonerà i dilettanti allo sbaraglio e tornerà alla casa madre nel frattempo tornata ad essere la più sicura e solida forza progressista del paese. Per singolare paradosso, quindi, i partecipanti alle future primarie del Pd non dovranno scegliere tra diverse posizioni politiche ma tra le diversità personali dei singoli candidati ricadendo in quella personalizzazione che si vorrebbe eliminare.

Questa è una bizzarria a cui se ne aggiunge una seconda di identico rilievo. Matteo Renzi, che poi è il soggetto della personalizzazione eccessiva che i candidati segretari vogliono archiviare al più presto, sembra essere l’unico in grado di esprimere una linea politica diversa da quella di Minniti, Zingaretti e Martina. Che non punta alla rigenerazione del tradizionale partito della sinistra, ma al suo superamento attraverso l’aggregazione di quelle forze civiche e quelle maggioranze silenziose che guardano non alla sinistra ma al centro dello scenario politico italiano.

Può essere che le due linee niente affatto parallele, quella del partito che punta a sinistra e quella delle forze esterne proiettate al centro, possano in qualche modo convivere. Ma le idee camminano sulle gambe delle persone. E le persone in questione sono talmente diverse da lasciar pensare che questa possibilità sia solo una pia illusione!


di Arturo Diaconale