mercoledì 14 novembre 2018
Nessuno poteva pretendere che il vertice sulla Libia tenuto a Palermo portasse ad una soluzione qualsiasi dei drammatici problemi che gravano sul vecchio “scatolone di sabbia”.
Bisogna dare atto al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, di essersi speso con grande impegno per avviare un dialogo tra le tante parti decise a far pesare i propri interessi nella intricata partita libica. Ma tanta fatica è servita solo a dimostrare che dopo la Francia anche l’Italia può rivendicare una funzione mediatrice e che il nostro Paese non può essere assolutamente escluso da qualunque negoziato possa portare al superamento dell’attuale situazione di caos in cui versa il territorio libico.
Tale dimostrazione può apparire un risultato modesto se non addirittura inesistente. In realtà si tratta di un risultato che serve a rimettere ufficialmente in gioco l’Italia nella partita libica ponendo in chiara evidenza che, fra tutti gli interessi in campo, quello italiano è sicuramente uno dei preminenti.
Dopo aver ribadito la propria presenza, però, bisogna capire come ci si debba muovere per fare in modo che questa presenza non sia soltanto formale e sterile. Qui la faccenda si fa più complicata. Perché l’unico risultato utile emerso dal vertice di Palermo è la chiarificazione degli schieramenti in campo. Da un lato Turchia, Qatar e Fratelli Musulmani che sostengono il governo di Tripoli e le milizie fedeli ad al-Sarraj. Dall’altra Francia, Egitto ed Arabia Saudita che puntano sul governo di Bengasi e sulle truppe del generale Haftar. Fino ad ora l’Italia ha dato solidi aiuti ad al-Sarraj senza però rinunciare a tenere canali aperti con Haftar. Ma è chiaro che questa politica del doppio binario non può durare a lungo. O porta alla divisione del Paese in due aree distinte, Tripolitania e Cirenaica (il Fezzan che fine farebbe?). Oppure alla vittoria di uno schieramento sull’altro ed alla formazione di un governo destinato fatalmente ad assumere una connotazione autoritaria per disarmare le tante milizie autonome che si contendono pezzi di città e di deserto.
Dall’incontro di Palermo è emerso che il tempo della scelta non è ancora maturo. Ma chi si illude che quel tempo non giunga mai, sbaglia. O si è ormai convinto che in Libia l’unico ruolo consentito all’Italia sia quello di spettatore passivo!
di Arturo Diaconale