venerdì 3 agosto 2018
Il problema di Matteo Salvini non si chiama Forza Italia ma Movimento Cinque Stelle. Il ministro dell’Interno, irritato per il no dei forzisti e di Silvio Berlusconi alla nomina a presidente della Rai di Marcello Foa, ha lanciato una sorta di opa ostile nei confronti di Forza Italia accusandola di aver tradito votando insieme con il Partito Democratico contro il candidato-presidente di viale Mazzini e sollecitando gli eletti e gli elettori di Fi a passare in massa nelle file della Lega.
Salvini, in sostanza, ha deciso di trasformare il caso Foa non nell’occasione della spaccatura del centrodestra ma nel pretesto per espellere dal fronte moderato gli irriducibili berlusconiani e trasformare il tradizionale schieramento articolato dell’anti-sinistra in un unico blocco leghista.
L’errore del leader della Lega è duplice. Il primo sbaglio è pensare che il suo partito, portatore di una sorta di lepenismo all’italiana, possa diventare il solo e unico rappresentante del centrodestra nel nostro Paese. L’area moderata ha sempre avuto più componenti diverse. Lo stesso sovranismo, di cui Salvini vuole essere l’unico interprete, ha in realtà almeno due espressioni diverse. Quella rappresentata dalla Lega, che ha alle spalle non il principio della sovranità della nazione ma quella di una sola parte della nazione stessa, cioè la Padania. E quella di una destra che è molto più vasta della rappresentanza parlamentare di Fratelli d’Italia, è diffusa in tutta la penisola e non intende affatto rinunciare alla propria identità fondata su radici non regionali ma nazionali.
A queste componenti si affiancano quelle liberali, riformiste, popolari, cioè quelle del centro. E anche loro sono sicuramente più numerose e diffuse della semplice rappresentanza politica di Forza Italia. Queste componenti non sono mai andate e non andranno mai a sinistra. E per contrastare gli eredi del cattocomunismo sono disposte ad accordarsi politicamente con la Lega. Ma non si faranno mai fagocitare da un partito sovranista e populista che non è e non può essere portatore dei loro valori di fondo.
Salvini, quindi, può sperare di conquistare pezzi di Forza Italia, quelli più interessati a diventare clientela che disposti a cambiare pelle culturale. Ma quando la sua cavalcata trionfale favorita dalla battaglia sull’immigrazione tenderà fatalmente a esaurirsi, si troverà non solo a combattere contro le componenti centriste ma anche a dover riparare ai guasti prodotti all’interno del proprio elettorato dall’azione condotta con grande malizia sul terreno dell’economia e dei rapporti sociali da parte del suo alleato di governo, Luigi Di Maio. Mentre il leader della Lega carica a testa bassa contro Berlusconi, il suo collega vice presidente del Consiglio gli taglia l’erba sotto i piedi aggredendo il nucleo più tradizionale dell’elettorato leghista, cioè i ceti produttivi del Nord.
Se Salvini si fida dei sondaggi del momento, vada pure avanti. Ma se ha qualche dubbio in proposito è bene che faccia un po’ di chiarezza su chi sono i suoi veri nemici.
di Arturo Diaconale