lunedì 30 luglio 2018
Luigi Di Maio usa parole e concetti di cui non conosce il significato. All’indomani della lottizzazione giallo-verde della Rai ha annunciato che l’evento segna l’avvio di una grande rivoluzione culturale destinata ad eliminare dall’azione di servizio pubblico tutti i “parassiti” ed i “raccomandati”. È chiaro nelle parole di capo politico del Movimento Cinque Stelle il riferimento alla rivoluzione culturale maoista realizzata in Cina per compiere un radicale cambio di classe dirigente. Ma è ancora più chiaro che Di Maio non sa nulla di come venne realizzata la rivoluzione culturale di Mao e, soprattutto, non conosce affatto la differenza esistente tra il cambio di classe dirigente maoista e quello grillino.
In Cina gli studenti inneggianti al Libretto Rosso mettevano alla berlina i professori facendoli sfilare tra ali di folla deridente con dei cappucci segnati da lunghe orecchie d’asino. Come a dire che i professori erano degli asini e che la rivoluzione li avrebbe sostituiti con gli studenti. Oggi, invece, la rivoluzione grillina punta più in alto. Non si limita a chiedere la sostituzione dei professori con gli studenti. Pretende che a sostituire l’una e l’altra categoria siano gli asini. Il tutto in nome della convinzione che la democrazia rappresentativa è ormai superata, che quella diretta non è poi così tanto in salute e che il futuro riserva un sistema istituzionale in cui l’unica forma di rappresentanza in grado di assicurare la perfetta eguaglianza tra tutti i cittadini sarà quella esercitata per sorteggio.
Il teorico della rivoluzione post-maoista, per nulla smentito dall’asino Di Maio, è il Grande Timoniere Beppe Grillo, che avendo conosciuto per ragione anagrafica la tragedia dell’applicazione del Libretto Rosso in Cina pensa marxianamente di ripetere la storia adottando la versione farsesca della vicenda. Per cui, dopo aver dato una sommaria controllata su Internet su dove si applica la democrazia per sorteggio, ha risposto alle critiche di Sabino Cassese dando dello “istruito stupido” e del “parruccone” al giudice emerito della Corte Costituzionale colpevole di non sapere che in Ontario e nella Columbia britannica il futuro è già in atto e la gente sceglie i propri governanti tirando a sorte.
Il farsesco della faccenda non è che Grillo ignora che la democrazia per sorteggio s’usava anche al tempo di Atene nelle comunità ristrette e neppure che in Ontario e nella Columbia Britannica ci vivono più orsi e marmotte che persone. La tragedia trasformata in farsa è che le sorti del paese sono finite nelle mani di asini patentati. Con il gradissimo rischio che grazie ad essi dalla farsa si possa ritornare rapidissimamente alla tragedia.
di Arturo Diaconale