venerdì 1 giugno 2018
È nato il governo gialloverde. Un Esecutivo il cui operato è carico di incognite. Dunque, si è conclusa l’interminabile manfrina che ha tenuto in ostaggio il Paese per tre mesi. La crisi politica più lunga della storia repubblicana ha partorito il cosiddetto “governo del cambiamento”.
La coppia di fatto della politica italiana, formata da Matteo Salvini e Luigi Di Maio, alla fine è tornata sui propri passi. In particolare, il capo grillino, dopo avere inveito contro il presidente della Repubblica Sergio Mattarella chiedendone, addirittura, la messa in stato d’accusa per alto tradimento, ha fatto un’imbarazzante marcia indietro. Ma il capo dello Stato, mosso da lungimirante saggezza, muovendosi nel solco delle prerogative che la Costituzione gli impone, ha guidato degnamente il Paese in questa drammatica notte della Repubblica. E ha conferito l’incarico di presidente del Consiglio, per la seconda volta in pochi giorni, a Giuseppe Conte. Ora i ministri del governo hanno giurato al cospetto di Mattarella. Persino, il tanto discusso Paolo Savona, indicato dapprima come ministro dell’Economia, ora è stato costretto a ripiegare tristemente al ministero delle Politiche comunitarie, dicastero senza portafoglio. È sul nome dell’anziano economista che si è giocata la partita più difficile di Mattarella. Il capo dello Stato ha esercitato pienamente le proprie funzioni, chiedendo ai leader dei due partiti che sostengono la compagine governativa, di attenersi scrupolosamente ai trattati internazionali. Che tradotto vuol dire: l’uscita dall’euro non è contemplata. Già. Perché di questo si è discusso. Come poteva un governo non votato dai cittadini portare il nostro Paese fuori dall’Unione europea? Il nome di Savona ha rappresentato lo spartiacque tra il “prima” e il “dopo”.
Paolo Savona aveva già immaginato il “The Day After” della politica italiana. Eppure, da europeista convinto, ministro dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato del governo guidato da Carlo Azeglio Ciampi, tra il 1993 e il 1994, Savona si è trasformato, negli ultimi anni, in uno dei più accaniti euroscettici. L’economista, attraverso libri, articoli e dichiarazioni, ha ipotizzato il delirante proposito di portare il nostro Paese fuori dalla moneta comune. È per queste ragioni che Mattarella ha tenuto la barra dritta, resistendo a pesanti pressioni. Numerosi commentatori improvvisati, nell’ultima settimana, hanno trovato il tempo e il piglio di attaccare frontalmente il garante della Carta costituzionale.
Il leitmotiv è stato un funesto coro greco che ha cantato il De Profundis della Repubblica: “Mattarella ha sbagliato”, hanno intonato trionfalmente. In realtà, hanno sbagliato loro. Così il 2 giugno sarà ancora la Festa della Repubblica italiana. E non la sua fine. L’epilogo di questa pagina triste della nostra storia recente sancisce la nascita di un nuovo governo. Non sappiamo quanto durerà. Quali saranno, realmente, gli obiettivi che intende raggiungere. Per ora, sospendiamo il giudizio. Fino al prossimo affronto istituzionale.
di Giovanni Mauro