Conte vittima dell’equilibrio impossibile Lega-M5S

lunedì 28 maggio 2018


A far saltare il Governo di Giuseppe Conte non è stato il “no” di Sergio Mattarella a Paolo Savona ma il difficile equilibrio politico tra Lega e Movimento 5 Stelle dentro la compagine governativa. Sbaglia di grosso chi pensa che Matteo Salvini abbia insistito su Savona respingendo la proposta del Presidente della Repubblica di nominare Giancarlo Giorgetti ministro dell’Economia nel timore di venire scavalcato dal proprio vice. Per Salvini il ruolo di Giorgetti a Palazzo Chigi era la garanzia che il governo non sarebbe stato squilibrato in favore dei grillini. Al tempo stesso, l’irrigidimento di Luigi Di Maio sul nome di Savona non è dipeso dalla fiducia assoluta nell’economista critico nei confronti dell’Euro, ma dal timore che Salvini potesse accettare la proposta del capo dello Stato e trasformare il Governo Conte fondato sull’equilibrio tra i diarchi dei due partiti alleati in un governo marcatamente squilibrato a vantaggio della Lega.

Il problema dell’equilibrio tra leghisti e grillini è stato il tema dominante di tutti gli 84 giorni di crisi. Problema che è stato affrontato con abilità e capacità manovriera da Matteo Salvini. Che ha sfruttato fino in fondo il suo doppio ruolo di leader della Lega e di leader del centrodestra per assumere all’interno della coalizione quel peso che il suo 17 per cento rispetto al 32 del M5S non gli avrebbe mai consentito. Ma che è stato sottovalutato e gestito in maniera dilettantesca da Luigi Di Maio convinto dalla sua stessa propaganda che con i suoi 11 milioni di voti aveva conquistato la Bastiglia e il Palazzo d’Inverno e fatto contemporaneamente la Marcia su Roma.

Oggi Di Maio si rende conto di essere stato vittima del gioco di Salvini e per salvare la faccia punta sull’assalto al Quirinale e sulla messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica. Ma il suo attacco è solo una difesa di se stesso e di un movimento che ha fatto dell’arroganza la propria unica cifra politica e che si appresta a pagarne il prezzo salato alle ormai inevitabili elezioni anticipate.


di Arturo Diaconale