mercoledì 23 maggio 2018
Non è una trappola voluta quella che Luigi Di Maio ha costruito per Matteo Salvini con l’indicazione a Premier del professor Giuseppe Conte. Il capo politico del Movimento Cinque Stelle è furbo ma non è Richelieu. Ed accusarlo di aver usato la carta del professore dal curriculum con il ritocchino per poter avere da Sergio Mattarella l’investitura a Presidente del Consiglio e poter mettere con le spalle al muro il leader della Lega significa attribuirgli una capacità diabolica di cui è sicuramente sprovvisto.
Ma anche se la trappola per Salvini non è stata costruita ma è nata da una superficialità sicuramente più inquietante di qualsiasi forma di malizia, una trappola comunque si è determinata. E Salvini ci è finito dentro. Perché nel caso Mattarella si convinca a dare l’incarico a Giuseppe Conte il leader della Lega non potrà più vantarsi di fronte al proprio elettorato ed a quello del centrodestra di aver scongiurato l’ipotesi di Di Maio a Palazzo Chigi ma dovrà giustificare la nascita di un governo guidato da un tecnico comunque azzoppato a livello internazionale dal curriculum contestato. Viceversa, se il Capo dello Stato scarterà Conte ed insisterà per l’incarico al capo del partito più votato, il leader leghista si troverà costretto o ad accettare il ruolo di socio minoritario di un governo a marchio grillino o ad assumersi la responsabilità di chiedere un ritorno alle urne senza più la fiducia del resto del centrodestra.
Per il leader leghista non è difficile uscire da questa trappola nata dalla superficialità del M5S. Basta prendersela con il Quirinale per le resistenze a Paolo Savona o con le stupide intemerate provenienti dai governi dell’Europa del Nord ed il gioco è fatto. Ma uscite del genere non sono affatto indolori. Ed il rischio di pagare un prezzo alto nel trangugiare il boccone amaro del ritocchino di Conte o della presidenza Di Maio è sicuramente alto. Così come è addirittura più alto puntare alle elezioni anticipate dovendo riconquistare la fiducia del resto del centrodestra.
di Arturo Diaconale