Le stranezze incomprese dallo strano Di Maio

giovedì 3 maggio 2018


C’è un “capo politico” sull’orlo di una crisi di nervi. E questo capo politico è Luigi Di Maio che prima ha cercato di diventare premier satellizzando la Lega, poi ha tentato la stessa operazione provando a satellizzare il Partito Democratico e ora che le satellizzazioni non sono riuscite decide che si deve andare immediatamente alle elezioni anticipate in nome del cambiamento negato (ovvero in nome di Palazzo Chigi evaporato).

Il tratto distintivo del “capo politico” del Movimento Cinque Stelle e del suo mentore Davide Casaleggio sembra essere il totale irrealismo politico. È stata una fuga della realtà immaginare che Matteo Salvini potesse mandare all’aria un’alleanza di centrodestra che sta in piedi da vent’anni, che governa la quasi totalità delle regioni del Nord e che ha conquistato il 37,5 per cento alle ultime elezioni in cambio di un ruolo di spalla marginale nel governo a guida grillina. Ed è stata un’analoga fuga dalla realtà pensare che il richiamo di qualche poltrona governativa potesse spingere il Pd a liberarsi di chi controlla saldamento il partito, cioè Matteo Renzi e i renziani, e a scegliere la strada dell’antodistruzione in nome della beatificazione in vita dello stesso Di Maio.

E ora è un nuovo atto di diabolica perseveranza nell’irrealismo politico dare per scontato che tutti i neo-parlamentari del M5S, pienamente consapevoli di aver vinto una insperata lotteria con l’elezione alla Camera e al Senato, siano pronti al sacrificio supremo di mandare in fumo l’inaspettata fortuna obbedendo all’ordine di puntare alle elezioni anticipate entro luglio o, al massimo, entro ottobre.

In questo terzo caso l’irrealismo di Luigi Di Maio si manifesta non tanto nel rifiutarsi di credere che anche la carne rivoluzionaria dei grillini è debole, quanto nel non rendersi conto che chi non ha alcuna intenzione di rinunciare alla fortuna per compiacere il “capo politico” e la sua guida suprema erede del profeta scomparso, ha una buona motivazione da accampare. Quella di rivendicare la natura di forza d’opposizione al sistema del movimento grillino e chiedere di non bruciare questa natura puntando a elezioni che potrebbero confermare la volatilità dell’elettorato grillino emersa in Molise e in Friuli-Venezia Giulia.

Una motivazione del genere potrebbe far nascere una nuova categoria di responsabili. Quelli dei votati all’opposizione permanente per convenienza personale. Ma di stranezze è piena la storia politica nazionale! D’altro canto Di Maio non è una di queste?


di Arturo Diaconale