lunedì 30 aprile 2018
C’è un elemento assolutamente generale che rende difficile la soluzione della crisi di governo ed è la tendenza, presente un po’ in tutte le democrazie, ma massimamente in Italia, a fare degli avversari una caricatura così grottesca da rendere poi praticamente impossibile qualunque accordo di compromesso che non risulti, per il proprio elettorato, un tradimento intollerabile.
La propaganda violenta, insomma, rende impossibile la politica prendendone il posto. È vero, verissimo, che l’enorme errore commesso abolendo il sistema elettorale uninominale, che favoriva non solo la governabilità, ma anche un rapporto più diretto tra eletto ed elettori (rendendo più debole la partitocrazia e più forte il Parlamento) ha reso molto più difficile la formazione di maggioranze stabili e chiare, ma non c’è solo questo, perché anche con un sistema essenzialmente proporzionale (pur privo di preferenze) si può arrivare a costruire una maggioranza di governo, purché tuttavia non si sia completamente demonizzato l’avversario, visto quasi come ontologicamente diverso, alieno.
E a questa pratica cinica e un po’ folle di sistematica denigrazione, quando non di vera e propria criminalizzazione, a parte alcuni singoli, quasi nessuno si è in realtà sottratto. Possiamo cominciare da qualunque parte, c’è solo l’imbarazzo della scelta, ma essendo io convintamente di destra (liberale, ma di destra) comincerò dai nostri errori di comunicazione, forse non falsa, però talvolta e non sempre innocentemente, falsata. Ma davvero pensiamo che Enrico Letta o Matteo Renzi siano dei cattocomunisti? Probabilmente, Renzi un po’ troppo sbrigativo lo è davvero, ma cattocomunista non lo è, sicuramente la pressione fiscale è ormai impossibile da sopportare e le difese legali dal fisco sempre più deboli, ma è una socialdemocrazia, certamente troppo radicale, non comunismo. Il politically correct è una soffocante limitazione della libertà di pensiero, ma siamo ben lontani dagli arresti di massa – prassi comune in più della metà del mondo – e le nostre giuste critiche alle demagogiche tirate in difesa sempre e comunque dell’immigrazione illegale non corrispondono poi alla politica di Marco Minniti, mentre la Panda rossa parcheggiata male di Ignazio Marino forse non era un così grave scandalo.
A sinistra (secondo me) hanno fatto però peggio. Ma come si fa a dipingere Silvio Berlusconi come un puro criminale, un caimano, un mafioso e a provare ad eliminarlo politicamente per via giudiziaria; come si fa, se si è democratici, a proporre una legge come la legge Fiano o i presidi antifascisti e a fingere di credere che le disposizioni transitorie non “transiscano” mai? Allo stesso modo chi difende legittimamente la famiglia e il matrimonio tradizionale, come istituzioni base della società, non può essere a nessun titolo presentato come violento persecutore degli omosessuali, mentre chi chiede buonsenso e legalità in materia di immigrazione, non ha nulla a che fare con l’apartheid o peggio. I movimenti nati realmente dal popolo, come la Lega, sono una genuina espressione di democrazia, non dei barbari più o meno sognanti e la flat tax è una visione liberista, magari estrema, non certo una pura follia. I Cinque Stelle poi, sono certamente nati con i “vaffa days”, che non sono propriamente un invito al dialogo, ma Luigi Di Maio sembra più un abito decoroso (vuoto) che un nerboruto capopopolo e, fatta la tara alle pratiche vagamente esoteriche sul web, che trasformano poche migliaia di clic in un succedaneo taroccato delle democrazie partecipative reali, sono probabilmente un notevole pericolo per l’economia, ma più che un “Grande Fratello” sembrano più “un Piccolo (e disorientato) Cugino, con molti voti di cui non sanno realmente cosa fare, se non dividersi non appena hanno del potere.
La cattiva salute dello stato di diritto, con la continua e colpevole limitazione delle garanzie per i cittadini e una certa tendenza della magistratura a impicciarsi di politica, è certo un grave problema, ma non qualcosa che non possa essere curato da un Parlamento che dimostri finalmente un po’ di coraggio e di orgoglio invece di autospogliarsi delle sue prerogative per paura di sembrare casta. Pauperismo, egualitarismo e demagogia un po’ infantile contro i parlamentari (pagati al mese, molto meno dei calciatori di serie A al giorno) certo non contribuiscono al prestigio del Parlamento, né al rilancio dell’economia, ma alla fine non c’è un “Caso Italiano” di gravità superiore alla situazione (che anzi a me sembra ben più pericolosa) del resto del Mondo, attraversato com’è da ventate irrazionali e tensioni politiche e militari. È ben vero che molte delle critiche e delle accuse che, da una parte e dall’altra, le forze politiche si rivolgono, non sono completamente infondate, al netto delle amplificazioni che una stampa un po’ troppo scandalistica ne fa, tuttavia quello che non va assolutamente è l’abuso caricaturale, sistematico, che vien fatto. Ogni forza politica viene così giudicata non sulla base di ciò che realmente dice e fa, ma sulla maschera un po’ mostruosa che le viene affibbiata e questa è la vera ragione principale dell’attuale impasse.
I partiti vittime della loro stessa propaganda, che non sanno più e forse non possono, far dimenticare o almeno relativizzare, dai loro elettori. La disabitudine a trattare con rispetto gli avversari, rende oggi difficile ammettere la necessità e perfino l’utilità di convergenze e non è un caso che sia proprio la Lega che oggi si mostra più disponibile ad accordi, perché la stessa naturale radicalità e dunque riconoscibilità, delle sue posizioni, le ha permesso di poter utilizzare meno degli altri lo strumento della caricatura diffamatoria per distinguersi.
La situazione non sarebbe drammatica, solo che con queste caricature, con queste maschere, è diventato quasi impossibile riconoscere negli altri dei nostri simili, con cui sia possibile trattare e poi governare o almeno fare assieme un tratto di strada. Se non ci toglieremo questi travestimenti, queste bardature, questi severi e finti abiti da inquisitori da strapazzo (e se non torneremo all’uninominale) non ne usciremo. E così il “Teatrino della Politica” sarà definitivamente diventato un ballo: un ballo in maschera.
di Giuseppe Basini