sabato 10 febbraio 2018
Valutando il programma elettorale del Movimento Cinque Stelle, in molti si chiedono come si possa raccogliere tanto consenso sulla base dell’inverosimile campionario di proposte irrealizzabili portate avanti da Luigi Di Maio e soci. La risposta è molto semplice: la gran parte di chi è propenso a votare M5S non solo non comprende affatto l’impatto catastrofico sui conti pubblici che questo surreale impianto programmatico avrebbe, secondo una acquisita tradizione italiota con cui si ritiene che ci sia sempre qualche fesso a coprire le falle di bilancio, ma soprattutto costui fonda sostanzialmente la sua preferenza sul tasso di nuovismo che caratterizza un partito che, perlomeno a livello centrale, non ha ancora ottenuto responsabilità di Governo.
Il meccanismo, per sintetizzare con un esempio del recente passato, è lo stesso che portò l’ex rottamatore Matteo Renzi a scalare, da una posizione di outsider, in brevissimo tempo le massime vette del potere politico. E anche in questo caso, pur non eguagliando i grillini sul piano delle tesi miracolistiche, una analoga propensione a propagandare soluzioni facili per problematiche assai complesse, unita al nuovismo di un autoproclamatosi rottamatore della vecchia classe politica, ha permesso al segretario del Partito Democratico di raccogliere alle elezioni europee del 2014 il 41 per cento dei consensi. Dopodiché, al netto dei gravi errori strategici commessi dall’uomo di Rignano sull’Arno – tra cui quello capitale di arrivare al referendum sull’abolizione del Senato – le inevitabili difficoltà che egli si è trovato ad affrontare una volta entrato nella stanza dei bottoni, con tutta la forza dirompente del cosiddetto principio di realtà, ne hanno rapidamente eroso il consenso altrettanto rapidamente conquistato.
Ciò, con rischi assai più seri per la credibilità finanziaria di un Paese che viaggia costantemente sull’orlo del baratro, è esattamente quel che accadrebbe ai pentastellati nel malaugurato caso, sia per gli italiani che per loro stessi, riuscissero a guadagnarsi le chiavi di Palazzo Chigi. A quel punto l’esercito di ingenui e di sprovveduti che li ha votati, rendendosi conto che i miracoli promessi non verranno mai realizzati dagli onesti a Cinque Stelle, avrà due possibilità: o rinsavire orientandosi in futuro verso posizioni politiche più ragionevoli, ammesso e non concesso che ancora ve ne siano, oppure mettersi alla finestra in attesa del prossimo nuovista dai programmi inverosimili.
di Claudio Romiti