giovedì 31 agosto 2017
Perché, se in Sicilia, come pare, l’opzione alfaniana di centrosinistra, produrrà ulteriori divisioni nella gauche mentre, al contrario, sta realizzando propositi unitari a destra? Quanto scritto dal nostro direttore a tal proposito è già di per sé una constatazione di grande rilevanza politica nel quadro tendenzialmente rissoso dei partiti e vale perciò la pena di compiere un altro passo avanti in questa disamina. Che è ricca di sorprese e di contraddizioni soprattutto se ci armiamo di pazienza (ce ne vuole tanta...) nell’esame degli ultimissimi accadimenti sinistrorsi. Qui è tutto un accapigliarsi, uno spaccare un capello in quattro, un’esaltazione dei temi scissionistici piuttosto che delle riflessioni unitarie, di percorsi, ancorché difficili ma da tentare, di accordi. Pensiamo un attimo, ma solo per un attimo, a Giuliano Pisapia, al suo ruolo di richiamo e, al tempo stesso, di progettualità di un centrosinistra comunque renziano ma allargato, e ditemi voi, ma diciamolo specialmente all’interessato, se ne valeva la pena.
Il disegno dell’ex sindaco di Milano con le sue premesse da galantuomo che non nutre ambizioni carrieristiche era quello di andare in controtendenza rispetto alla divaricazioni, con relative spaccature di Pier Luigi Bersani, Massimo D’Alema ecc., mettendosi a disposizione, senza chiedere nulla ma semmai offrendo qualcosa, un tentativo, un progetto, uno schema aperto e unitario. Ci eravamo permessi fin dall’inizio, sempre nel nostro piccolo, di nutrire non poco scetticismo a tal proposito nel sospetto, oggi divenuta certezza, che del nome e della storia di Pisapia, a una parte ben precisa del Partito Democratico interessasse soltanto quel basta(va) non per compiere qualche sforzo unitario ma per fare esattamente il contrario, accentuando semmai i propositi bellicosi nei confronti di Renzi. Questo era ed è il vero obiettivo dei Bersani, dei D’Alema e via sinistrando: combattere e battere l’attuale segretario del Pd, la sua politica, la sua maggioranza, dentro e fuori il Pd, dentro e fuori il Parlamento, dentro e fuori il Governo. Era chiaro perciò che di Pisapia e del suo progetto se ne sarebbero fatti un baffo, come ha confessato elegantemente il perfido Civati, parlando “laicamente” dei fatti siciliani ma come anticipazione di quelli nazionali: “Se Giuliano Pisapia c’è, benissimo, se non c’è ne prendiamo atto. Non se ne può parlare fino a Natale”.
Più chiaro di così... C’è un problema grande come una casa nella sinistra ma, se ci guardiamo con un po’ di attenzione, ci accorgiamo che si tratta sempre e comunque del solito problema e che si chiama, storicamente, socialismo democratico. Termine forse caduto in disuso ma utile sempre per definire l’essenza liberale o fintamente liberale di un partito, decidere della sua credibilità democratica, della sua affidabilità di governo, della sua serietà nell’azione internazionale, della sua capacità di dare risposta ai problemi del nostro tempo, della sua sensibilità nel cogliere le opportunità della modernità. Non sappiamo se Matteo Renzi si faccia eccessive illusioni sulla scelta a suo favore di Angelino Alfano il cui “particulare” da difendere è oggi più locale che nazionale. Né le conseguenze divisive di questa scelta serviranno qualcosa a rendere credibili i concetti di cui sopra, anzi. Avanti a sinistra c’è sempre posto per nuove scissioni. Così non pare a destra. E comunque, ai posteri l’ardua sentenza.
di Paolo Pillitteri