Una società di docenti e pensionati

mercoledì 30 agosto 2017


Mentre riparte il pressing dei sindacati tradizionali, sempre più irresponsabili sul piano finanziario, onde trovare qualche escamotage per abbassare l’età dei futuri pensionati, la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli propone di alzare a 18 anni l’obbligo scolastico. Ciò, al netto delle buone intenzioni sbandierate dai professionisti della politica di ogni colore, comporterebbe tra le altre cose una ulteriore dilatazione della smisurata pianta organica della scuola pubblica. In tal modo il paradigma di una società sempre più statalizzata, composta da eterni studenti, insegnanti e pensionati si avvicinerebbe a grandi passi. Significative a tal proposito le parole della stessa Fedeli, espresse a Rimini durante il Meeting di Comunione e Liberazione: “Io sarei per portare l’obbligo a 18 anni perché un’economia come la nostra, che vuole puntare su crescita e benessere, deve puntare sull’economia e sulla società della conoscenza, così come peraltro ci viene dall’ultima Agenda Onu 2030 sottoscritta anche dall’Italia”.

Nella sostanza della realtà italiota, tutto questo si traduce in un ulteriore incentivo pubblico a intraprendere una serie di ben noti percorsi burocratici circolari, in cui si studia il nulla con lo scopo di essere abilitati a insegnare ad altri la medesima materia, che non creano alcun valore aggiunto di mercato, bensì solo ed esclusivamente consenso per i tanti teorici dello Stato assistenzialista in circolazione, come per l’appunto la ministra Fedeli.

In soldoni, la nostra sempre più dequalificata scuola pubblica assorbe circa il 97 per cento delle proprie cospicue risorse per pagare gli stipendi dei propri addetti, ma ciò non impedisce a essa di trovarsi agli ultimi posti nel mondo avanzato sul piano dei risultati effettivi. Soprattutto dal lato del collegamento con chi crea reale valore aggiunto di mercato, ovvero il sistema delle imprese, la nostra scuola pubblica sembra occuparsi di altro. Tuttavia nel mondo perfetto dei politicanti di oggi il benessere rappresenta un mero fattore quantitativo, caratterizzato dal proliferare di carrozzoni scolastici che dispensano pezzi di carta a richiesta a una massa di analfabeti funzionali a cui viene inculcato l’obiettivo esistenziale di studiare il più a lungo possibile, per poi andare in pensione il prima possibile. Poi ditemi se non siamo irrimediabilmente già falliti!


di Claudio Romiti