giovedì 11 maggio 2017
La visita di Barack Obama a Milano è stata una vergognosa parata provinciale. Che Milano non meritava. Matteo Renzi l’ha definita il primo atto del ritorno sulla scena politica planetaria del personaggio che rappresenta il punto di riferimento dei democratici a livello mondiale. Ma il riconfermato segretario del Partito Democratico è un provinciale. E non si è minimamente reso conto che l’omaggio all’ex Presidente degli Stati Uniti non ha assunto alcun significato politico di portata planetaria (sempre che togliersi la cravatta in nome della moda politicamente corretta di Obama non sia la liturgia di un’ideologia innovatrice). Ma è stata una singolare manifestazione di provincialismo pedestre compiuta non in adesione a una visione culturale destinata a segnare il futuro del pianeta, ma in omaggio ai riti e alle mode imposte dalla società dell’immagine e dello spettacolo. Barack come una rockstar? Il paragone regge, anche perché le banalità sul clima e sul cibo pronunciate dall’ex Presidente degli Usa sono state in tutto simili alle banalità che sugli stessi argomenti ripetono i cantanti più o meno impegnati. Con l’aggiunta, però, che a nessuno degli omaggiatori provinciali, primo fra tutti Matteo Renzi, è saltato per la testa di sottolineare come l’ospite americano non abbia alle spalle canzoni di successo ma anni di azione politica fallimentare non solo sul piano interno degli Stati Uniti ma, soprattutto, sul quel bacino del Mediterraneo che vede il nostro Paese al centro di tutte le vicende che in esso si consumano da secoli.
Renzi, che quando vede Obama sembra Alberto Sordi ne “L’americano a Roma”, ha tutto il diritto di vestirsi come il suo modello. Ma diventa inquietante quando cerca di trasformarlo in un Allah di cui essere il profeta italiano ed europeo. Perché Obama non è stato solo uno dei peggiori presidenti democratici degli Stati Uniti, paragonabile forse al povero Jimmy Carter, ma non è in alcun caso il capo indiscusso di una internazionale democratica del tutto inesistente. Sempre, ovviamente, che la cultura politicamente corretta imposta dalle caste privilegiate americane ed europee non venga scambiata dai provinciali per una sorta di riedizione riveduta e corretta della Terza Internazionale!
di Arturo Diaconale