Francia e Italia: politici “nuovi”, ricette vecchie

sabato 29 aprile 2017


Nonostante il pericolo di un repentino collasso dell’eurozona, scongiurato dalla sempre più probabile vittoria alle presidenziali francesi di Emmanuel Macron, per la prima volta a contendersi l’Eliseo ci sono due personaggi che non appartengono alla tradizionale alternanza destra-sinistra che ha retto le sorti della nazione transalpina fino ad oggi.

Si tratta di una crisi dei partiti tradizionali che, pur con qualche diversa sfumatura, somiglia moltissimo a quella in atto anche da noi. Tanto in Francia che in Italia, infatti, si registra una evidente perdita di consensi dei due blocchi che si sono fin qui avvicendati al Governo e la conseguente nascita di movimenti e singoli personaggi, con il crisma decisamente ostentato di una sorta di nuovismo politico, che si pongono in aperta contrapposizione con il presunto establishment. Ed è, ad esempio, su questa base che è partita alla fine del 2013 la scalata a Palazzo Chigi di Matteo Renzi il quale, attraverso l’escamotage della rottamazione, ha rappresentato a lungo in buona parte dell’elettorato una sorta di rassicurante e più civile grillismo tutto interno ai vecchi schemi della politica tradizionale. Ma una volta diventato egli stesso establishment, unito all’imperdonabile dilettantismo delle sue ricette economiche, l’ex sindaco di Firenze è rapidamente finito nel lungo elenco dei vecchi politici, pur essendo appena più anziano del giovane Macron.

Vecchi politici che una antica vulgata popolare ha sempre definito “tutti uguali”, a prescindere dal colore politico. Si tratta, è vero, di una classica affermazione qualunquista, la quale però in questa particolare fase storica, caratterizzata per l’appunto dalla crisi profonda della citata alternanza democratica tra sinistra e destra, tra moderati e progressisti, tra conservatori e riformisti, contiene in sé una profonda verità. Soprattutto con l’espandersi dell’intervento pubblico nella società - che proprio in Italia e in Francia ha raggiunto livelli intollerabili - la ricerca del consenso elettorale ha spinto tutti i partiti a convergere verso posizioni ultra-stataliste, facendosi concorrenza su livelli di protezione sociale sempre più elevati. Ciò,in estrema sintesi, ha creato un colossale meccanismo di redistribuzione con cui ci si sforza di non scontentare nessuno, ma che nei fatti deprime il motore economico del singolo Paese, assottigliando la “torta” da spartire e, conseguentemente, lasciando per strada un numero crescente di poveri e di emarginati.

Da questo punto di vista, ossia dal lato di un sistema sempre più rigido che elargisce spesa pubblica in cambio di voti, possiamo dire che il comportamento di fondo della classe politica la rende assolutamente omogenea. Tuttavia, ed è qui che casca l’asino, chi attualmente sostiene di rappresentare una alternativa completamente nuova, pensiamo al Movimento Cinque Stelle in Italia o al Front National in Francia, propone ancora più Stato, più protezione sociale e, ovviamente, più spesa pubblica. Incrementando così quegli stessi elementi nefasti che rendono così uguali i vecchi politici, e addirittura più uguali degli altri i nuovi. Il problema vero è che, volendo seguire questi “nuovi” politici dalle vecchissime ricette, ci accorgeremmo ben presto della loro insensatezza, solo che probabilmente a quel punto sarà troppo tardi per uscire dal baratro del sottosviluppo in cui essi ci avranno condotto.


di Claudio Romiti