Giustizia, mass media e la politica che non c’è

giovedì 6 aprile 2017


Diciamocelo almeno fra di noi ma la questione, ormai pluridecennale, fra politica e magistratura richiederebbe ben più di un’enciclopedia per raccoglierne fatti, misfatti, errori e, soprattutto, vittime delle quali si parla per un giorno o due e poi si passa ad altro; magari a un altro innocente indagato, sputtanato irrimediabilmente dai media, condannato e, qualche mese dopo, rilasciato senza neppure tante scuse, figuriamoci.

Nondimeno, insistere col garantismo del day-by-day come fa il nostro giornale, purtroppo in scarsa compagnia, serve almeno a tenere viva una vocina nel gran chiasso non solo o non soltanto del circo mediatico-giudiziario, ma della sua più vera e pericolosa punta di diamante che oggi sta nel Movimento 5 Stelle, presumibilmente per mancanza di idee, ma che domani potrebbe allargarsi ulteriormente a scapito, si capisce, degli innocenti, giacché ciascuno lo è sempre fino a sentenza definitiva, ma a ben vedere della stessa magistratura.

Lascio fuori i media e la stessa politica perché i primi sono, in un modo o nell’altro, inscalfibili, e la seconda, semplicemente, non esiste più. E il bello è che nel quadro devastante che il suddetto circo offre proprio a causa della latitanza, meglio della letterale dissoluzione della politica, c’è ancora qualcuno, uno dal passato di prestigioso magistrato, che lancia un assist, una voce, una frase semplice semplice (come tutte le espressioni che contano) che suona così: “Esistono nelle nostre leggi in vigore e nei codici, reati così generici e onnicomprensivi da legittimare un’indagine preliminare contro qualsiasi sindaco, assessore, ministro”.

Lo avrete capito; si tratta di Carlo Nordio, rari nantes in gurgite vasto, direbbero i latini, ché le sue esternazioni hanno sempre avuto dalla loro il pregio dell’essenzialità mai a scapito della polemica. Ma Nordio sa perfettamente che se si ripiomba nella vexata quaestio uscirne è tanto più complicato quanto più il leggendario circo riesce quasi sempre a semplificare, a scavallare e a trovare energumeni travestiti da Pm, nell’uno come nell’altro settore, in una gara nella quale il populismo giudiziario sta diventando una sorta di applauso a scena aperta per chiunque lo frequenti, specialmente in tivù. Perché siamo giunti a questo esito disastroso nonostante la sempre proclamata buona volontà dei politici, di destra e di sinistra, di mettere al primo posto la riforma della giustizia? Lo sapete benissimo il perché, né servirebbe alcunché ritornarci sopra, anche per via della quotidiana offerta di devastazioni, specialmente della dignità umana, che leggiamo. Alzi infatti la mano chi non è stato letteralmente sopraffatto dalle interminabili paginate se non, e in peggio, dalle dosi massicce di talk-show che hanno “mostrificato” politici e non politici purché finiti nella tragica magia dell’informazione di garanzia, di garanzia ripeto, trasformata nel mostro mangiatutto, compresi amici, parenti ed estranei ma comunque “intercettati”. Già, la “mostrificazione”. La quale si estende e si avviluppa attorno a tutto e tutti perché la sua dedizione, la sua più vera vocazione, non solo è riuscita a criminalizzare la politica ma anche ad estenderne la colpevolezza a tanti, a troppi, secondo uno schema preverso che ha di fatto reso una certa magistratura la super autorità del Paese.

Non la legge, beninteso, ma chi la applica per suo diritto e dovere. E qui siamo al punto, che per non pochi osservatori, anche stranieri, pare proprio di non ritorno. Riguarda la politica. Chiediamoci che cosa abbia prodotto, approvato, licenziato, offerto al Paese in un settore chiave come la giustizia, al di là delle roboanti e pressoché quotidiane promesse, sullo sfondo delle più o meno piccole variazioni sul tema, peraltro assai frequentato, dal circo o circuito che ben conosciamo, come la salvaguardia del segreto istruttorio e le eventuali condanne ai media che se lo mettono sotto i piedi, e sotto i nostri occhi. Inutile citare fatti e misfatti, dato comunque per assodato che un giornalista, se vuole, può rivelare qualsiasi atto.


di Paolo Pillitteri