Discontinuità costosa sull’immigrazione

venerdì 6 gennaio 2017


Il Governo fotocopia del precedente è obbligato a prendere le distanze dal modello originario perché la campagna elettorale per le elezioni politiche è di fatto cominciata ed impone delle variazioni di linea sulle questioni più scottanti.

In questa luce si colloca la discontinuità che il Governo Gentiloni mostra rispetto all’Esecutivo Renzi nei confronti del tema incandescente dell’immigrazione. Per tre anni di seguito Angelino Alfano ha predicato, dall’alto del Viminale, la politica dell’accoglienza “senza se e senza ma” sottolineando la piena identità di vedute del Governo con il pensiero della Chiesa di Papa Francesco. Oggi, invece, il suo successore al ministero dell’Interno, Marco Minniti, non parla più di accoglienza ma di espulsioni ed avvia, sfidando le resistenze e le critiche delle organizzazioni cattoliche, la costituzione dei Centri di identificazione che dovrebbero selezionare i migranti da rinviare obbligatoriamente nei Paesi d’origine.

La folgorazione sulla via dei Centri di identificazione ed espulsione (Cie) ha una motivazione sicuramente di tipo elettorale, ma è anche la spia del fallimento totale dell’accoglienza indiscriminata seguita dal Governo Renzi per non perdere la scia lasciata da Papa Bergoglio. Ma proprio nel momento in cui per ragioni elettorali si registra che quella politica era sbagliata, si deve necessariamente prendere atto che espellere anche con tutte le accortezze possibili è quasi del tutto impossibile. Non perché non si possa creare un apparato in grado di identificare e selezionare i migranti separando quelli con diritto d’asilo a quelle destinati al rinvio in patria. Ma perché l’espulsione è impossibile se non ci sono i Paesi disposti a riprendersi i loro cittadini che non hanno diritto a restare in Italia.

Questa disponibilità a riaccogliere gli espulsi da parte dei Paesi di provenienza dei migranti non dipende dalla cattiva o dalla buona volontà, ma solo dagli interessi in ballo. Chi ha favorito con ogni mezzo l’emigrazione di masse giovanili potenzialmente turbolente può accettare di riaprire loro le porte solo a condizione di ricevere da parte di chi espelle una serie di vantaggi e di aiuti. L’esperienza fatta a suo tempo con Gheddafi insegna. Il colonnello bloccava i flussi dei migranti verso l’Italia ma in cambio chiedeva strade, ospedali, ferrovie, armamenti e sostegno internazionale. Le espulsioni, in sostanza, costano salate. Ma tant’è. A questa eredità devastante dell’accoglienza indiscriminata non si può sfuggire!


di Arturo Diaconale