martedì 29 novembre 2016
È una balla quella di Matteo Renzi di un governo tecnico in caso di vittoria del “No”. Se al Quirinale ci fosse ancora Giorgio Napolitano sarebbe difficile immaginare quale piega potrebbe prendere la politica italiana in caso di vittoria di “No” al referendum e di successive dimissioni di Renzi da Presidente del Consiglio. Il decisionismo presidenzialista di “Re Giorgio” avrebbe potuto produrre qualsiasi tipo di sbocco (ovviamente sempre concordato con la Cancelliera tedesca Angela Merkel). Ma al Quirinale c’è Sergio Mattarella, che non ha ascendenze staliniste e vocazioni super-interventiste e che vuole interpretare senza forzature di sorta il proprio ruolo di garante della Costituzione repubblicana. Ed allora è facile ipotizzare che in caso di vittoria del “No” e di successiva ascesa al Colle di Matteo Renzi per non smentire la sua minaccia di dimissioni nell’eventuale di una sconfitta referendaria, non avverrà alcun cataclisma ma solo l’applicazione di una prassi più che nota e sperimentata. Il capo dello Stato avvierà le consultazioni e dopo aver ascoltato le indicazioni di tutte le forze parlamentari o rinvierà alle Camere l’attuale Esecutivo o affiderà l’incarico di formare il nuovo governo all’esponente politico capace di aggregare una maggioranza in Parlamento.
Visto che grazie al “Porcellum” il Partito Democratico ha alla Camera una maggioranza fin troppo estesa ed al Senato non c’è altra possibilità di avere una maggioranza diversa da quella attuale, la logica indica che al succedere a Renzi non potrà essere altri che lo stesso Renzi. Sempre che, ovviamente, il Pd rimanga unito, la sua maggioranza tenga e il Presidente del Consiglio accetti di rimanere a Palazzo Chigi, con l’attuale compagine ministeriale o con un Renzi-bis, nella consapevolezza di avere come unico obiettivo la realizzazione di una nuova legge elettorale con cui andare al voto o alla scadenza naturale della legislatura o nell’autunno del 2017, in contemporanea con le elezioni regionali siciliane (è impensabile arrivare ad una nuova legge elettorale entro quattro mesi per votare in primavera).
Le incognite sul futuro in caso di vittoria del “No”, dunque, riguardano solo Renzi ed il Pd. Se il primo si convince che il suo ego deve piegarsi al bene del Paese e se il Pd renziano non si sfalda sotto il peso della sconfitta, tutto fila senza traumi. In caso contrario, un altro esponente del Pd assumerà l’incarico di dare vita ad un Governo di transizione e si voterà subito dopo l’approvazione della nuova legge elettorale. Senza drammi. Tranne quelli dell’inevitabile regolamento di conti all’interno del Partito Democratico! I tecnici sono solo quelli che stanno nelle balle di Renzi!
di Arturo Diaconale