I calcoli antirenziani

giovedì 13 ottobre 2016


Non dicono una bugia i dirigenti della minoranza antirenziana del Partito Democratico quando affermano di non avere alcuna intenzione di uscire dal partito e provocare la scissione. Matteo Renzi li provoca in ogni modo e spera che Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo e Roberto Speranza, ovviamente guidati o accompagnati da Massimo D’Alema, decidano di rompere prima del referendum per consentirgli di rivolgersi agli elettori del centrodestra presentandosi come il campione che ha messo all’angolo i “comunisti” come e meglio di Silvio Berlusconi.

Ma nessuna provocazione del Premier potrà costringere la minoranza Dem ad imboccare prima del referendum la strada della rottura definitiva. Non che la voglia di mandare al diavolo Renzi manchi in Bersani e compagni! C’è ed è fin troppo compressa! Ma a tenerla sotto controllo, a dispetto dei ricorrenti tentativi del Presidente del Consiglio di scatenarla, c’è un calcolo politico molto più forte di qualsiasi rabbia o indignazione.

Questo calcolo dice che non bisogna pensare alla scissione prima del referendum, perché se dalle urne del 4 dicembre dovesse uscire vincitore il fronte del “No” non ci sarebbe alcun bisogno di uscire dal Pd ma si dovrebbe semplicemente incominciare a preparare il congresso della “reconquista” della amata “ditta” costringendo alla ritirata gli attuali usurpatori.

Il tema della scissione si porrebbe in caso di vittoria del “Sì”. E si aprirebbe in termini drammatici e perentori. Perché un Renzi vittorioso, anche se sul filo di lana e con il Paese spaccato a metà, non “farebbe prigionieri” tra i propri avversari costringendoli a cercare una sopravvivenza precaria in qualsiasi altra formazione politica dell’ultrasinistra.

Ma se dovesse vincere il “No” perché uscire da partito consegnandolo definitivamente ad un gruppo dirigente renziano che oltre ad essere estremamente ristretto appare anche estremamente debole ed inadeguato alla gestione del Paese? Il calcolo di Bersani, Speranza e Cuperlo non è affatto campato per aria. E Renzi, che non è un ingenuo, lo sa bene. Per questo si è buttato a corpo morto nella campagna referendaria trasformandola nella partita della vita. Non quella del Paese, ma la sua!


di Arturo Diaconale