venerdì 23 settembre 2016
Ci sarebbe stato poco da dire se la decisione di Virginia Raggi di dire no alle Olimpiadi a Roma fosse stata motivata solo dalla convinzione che per salvare l’onestà nella Capitale non ci sia altra strada che evitare le speculazioni edilizie. Si sarebbe potuto rilevare che si è trattato di una decisione demenziale, logica conclusione di oltre vent’anni di giustizialismo forsennato capace di instillare nel Paese la convinzione che l’Italia è la terra del peccato e che l’unico modo di sfuggire ad esso è di non fare nulla. Ed oltre questa considerazione non si sarebbe potuto andare.
Ma il dramma è che la sventurata Virginia non ha bocciato le Olimpiadi del mattone per una ragione di principio, che sarà pure ridicolo e sbagliato ma che rimane comunque un principio ideale, ma per una ragione di natura esclusivamente pratica e politica. Quello di salvare l’unità del Movimento Cinque Stelle che, nel caso il sì avesse prevalso sul no ai giochi del 2024, sarebbe andata in mille frantumi. Chi avrebbe potuto mai comporre la frattura tra l’ala governista del movimento e quella movimentista? Chi avrebbe potuto mai fermare le accuse della seconda alla prima di aver venduto ai palazzinari la verginità grillina? Chi sarebbe mani riuscito a frenare la reazione indignata di chi pensa che sia impossibile sviluppare una qualche azione politica senza essere costretti a qualche compromesso con la realtà? E come sarebbe stato possibile spegnere l’incendio che si sarebbe diffuso sulla Rete tra gli psicotici dell’una e dell’altra parte decisi a scannarsi virtualmente (e magari anche materialmente) per far prevalere il proprio punto di vista su quello avversario?
Consapevole che un sì alle Olimpiadi romane avrebbe scatenato un inferno del genere mandando rapidamente in cenere il proprio partito non solo a Roma ma sull’intero territorio nazionale, Beppe Grillo ha ordinato il no e Virginia Raggi ha obbedito di buon grado. La loro, però, non è stata una scelta per salvare Roma dalla speculazione e dal degrado morale, ma per preservare il proprio partito dal germe della dissoluzione.
Nel breve questo egoismo di bandiera è destinato a pagare. Grillo evita la lacerazione del Movimento 5 Stelle e Virginia Raggi resta al suo posto in Campidoglio. Ma che succederà tra qualche mese quando con tutta questa onestà fasulla non si riuscirà a riempire neppure una buca?
di Arturo Diaconale