giovedì 22 settembre 2016
È tutto un altro mondo, dicono. La caduta del muro di Berlino ha cambiato tutto, insistono. È un altro mondo per chi negli anni Sessante e Settanta indossava la kefiah, cantava “el pueblo unido jamás será vencido”, riempiva le piazze per battaglie salariali e contro l’imperialismo della Nato, e oggi invece si ritrova a votare per un partito che è sostenuto politicamente proprio da quei poteri forti in passato avversati. Comicamente tragico.
Ha fatto molto discutere l’improvvido intervento di uno di questi poteri forti. Quello dell’amministrazione Obama, per bocca dell’ambasciatore americano in Italia John Phillips, sul referendum costituzionale. Ha fatto discutere molti e zittito i cantanti degli anni Settanta, imbarazzati anche dall’ulteriore endorsement ricevuto dal governo Merkel e da alcune agenzie di rating. Le stesse agenzie che previdero effetti negativi della Brexit e che oggi chiedono scusa per l’abbaglio preso. Appoggi politici da Paesi che hanno scatenato guerre e poi chiesto scusa perché i presupposti per la guerra non c’erano o perché hanno, di fatto, creato e alimentato il terrorismo internazionale. Paesi che, per esempio, ci chiedono di sostenere interventi militari, ma che fanno orecchie da mercante al momento di sostenere l’agricoltura italiana.
Lo strepitare di questi poteri forti contro il “No” al referendum è uno dei migliori sostegni al “No” stesso. Ai cittadini, infatti, basterà dare un’occhiata ai risultati economici dell’Italia per capire. Vale ricordare che con il Governo Renzi il debito pubblico è aumentato di 145 miliardi di euro e che il Prodotto interno lordo è peggiorato di oltre tre punti percentuali in dodici mesi. La vituperata Italia della Prima Repubblica, che piacesse o meno, è arrivata invece ad essere la quinta potenza economica al mondo. La derisa Italia della Lira aveva un tessuto imprenditoriale diffuso e molto competitivo in tutti i settori. E se oggi le famiglie italiane non sono a gambe all’aria è anche per il solido passato che l’Italia ha avuto.
In quell’altro mondo, però, c’erano politici in grado di tenere alto il Tricolore. Politici che hanno sempre dato massima collaborazione agli alleati storici, ma che sapevano anche tutelare gli interessi nazionali. L’Italia, per esempio, di Enrico Mattei e di Aldo Moro. Quel mondo è stato spazzato via per mano giudiziario - populista (e anche quella volta lo zio Sam non restò a guardare). La riforma costituzionale di Matteo Renzi è la prosecuzione dello smantellamento dell’azienda-Italia, che tanto vantaggio ha portato e porterà all’imprenditoria francese e tedesca su tutti. Come leggere altrimenti il neocentralismo introdotto dalla riforma? Perché imbavagliare il territorio dopo 15 anni trascorsi a formare una coscienza e un’azione pubblica federalista? Perché creare il Senato delle autonomie e al contempo riscrivere in chiave centralista il Titolo V della Costituzione? Perché far approvare a colpi di fiducia una legge elettorale, quale l’Italicum, che con un abnorme premio trasforma una minoranza in una maggioranza? E così accentrare il potere decisionale in materie, come l’energia o i trasporti, care ai poteri forti e così garantire che il flusso dei capitali sia ben canalizzato.
Il centrodestra italiano, quello vero, quello libero da cognati o fratelli ingombranti, quello che non si batte il petto in chiesa la domenica e il lunedì agisce da profano, quello che va bene fare la guerra a Gheddafi e non all’Eni italiana deve ritrovarsi intorno al progetto di Forza Italia. L’unico grande partito che negli ultimi anni ha avuto il coraggio di provare ad affrancare l’Italia dalla condizione di colonia. Un’azione che è stata interrotta dall’intrigo che nel 2011 ha preso in ostaggio l’Italia (ricordate lo spauracchio dello spread?) per costringere Silvio Berlusconi alle dimissioni. La vittoria del “No” al referendum e una nuova legge elettorale saranno e potranno essere l’occasione per dire, come fece Enzo Tortora al suo ritorno in tivù, “dove eravamo rimasti”. E magari qualcuno tornerà a cantar canzonette invece che fare danni al Paese.
di Giovanni Mauro