sabato 17 settembre 2016
Non c’è alcun dubbio che esista una precisa continuità tra “Lo Spirito di Assisi” suscitato da Papa Giovanni Paolo II nel 1986 alla prima giornata mondiale di preghiera per la pace e aperto ai rappresentanti delle più diverse religioni del mondo e lo “Spirito di Assisi” che Papa Francesco rilancerà domenica prossima in occasione dell’incontro “Sete di pace: religioni e culture in dialogo” organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, dalle famiglie francescane e dalla diocesi della città umbra.
Da allora ad oggi sono passati trent’anni ma, come ha fatto intendere il Segretario di Stato di Sua Santità, Pietro Parolin, l’intuizione di Wojtyla del “legame intrinseco tra un atteggiamento autenticamente religioso ed il grande bene della pace” è diventata la Stella Polare della Chiesa nella navigazione in un tempo in cui genti di religione e di etnia diverse vivono sempre più insieme non solo in maniera reale ma anche in maniera virtuale.
Ad Assisi, dunque, si ripropone il grande tema della religione come strumento di pace attraverso il dialogo, il confronto e la convivenza nella società multietnica e multiculturale del tempo presente. Papa Francesco incontrerà i rappresentanti di tutte le principali religioni del pianeta ed al termine delle giornate di preghiera e di riflessione firmerà con loro un appello per la pace nel mondo dilaniato dalla cosiddetta “Terza guerra mondiale a pezzi”.
Ma l’incontro in cui verrà riproposto e rilanciato “Lo Spirito di Assisi” è stato preceduto da un avvenimento su cui è calata immediatamente la sordina ma che, comunque, impone una riflessione sul valore non religioso ma strettamente pratico e politico dell’avvenimento. Dalla Grande Moschea di Roma, che è il luogo di culto islamico più esteso ed importante d’Europa, è giunto un secco diniego alla preghiera in comune tra musulmani e cristiani. Questo diniego non spegne lo “Spirito di Assisi” ma impone di prendere atto non solo della continuità tra l’iniziativa di Giovanni Paolo II del 1986 e quella di Francesco del 2016, ma anche della più evidente e mancata differenza. La religione come strumento di pace di Wojtyla serviva a superare la Guerra Fredda tra Est ed Ovest all’interno di una comune civiltà incentrata sul primato dei valori cristiani.
Quella di Papa Francesco è diretta a superare la guerra a pezzi tra Nord e Sud in un contesto in cui una religione, quella cristiana, propone il confronto ed il dialogo tra le diverse civiltà mentre l’Islam rivendica il primato della propria civiltà su quella decadente e depravata di un Occidente sempre più separato dalle proprie radici giudaico-cristiane. Lo “Spirito” di Wojtyla vinse la sua battaglia nel 1989 con la caduta del Muro di Berlino. Quello di Francesco ha una strada da percorrere molto più lunga e molto più difficile.
di Arturo Diaconale