Caro Paolo, due o tre cose sui Radicali

sabato 10 settembre 2016


Non mi sorprende per nulla la partecipe e sensibile analisi di Paolo Pillitteri su “L’Opinione” del 7 settembre sul Partito Radicale, quello che è, che vuole e può essere. Non mi sorprende perché da tanti anni lo leggo, conosco la sua attenzione (la prima manifestazione con Enzo Tortora libero, la si fece con lui, a Milano); per non dire della comune passione per il cinema, e il piacere che si ricava nell’aver letto alcuni suoi lavori su questa nobile arte...

Nel suo intervento, coglie tanto dell’essenza delle questioni e pone le giuste domande. Quella del “che fare” oggi (ma anche quella, non meno cruciale del “come”); e il tutto potrebbe essere riassunto in quello che non è solo uno slogan: “Fare, saper fare, far sapere”. E, anche, un’affermazione che non voglio perdere per strada: “Come si possa sospendere la vita interna di un partito, per di più radicale, senza ricorrere all’eutanasia – leggasi suicidio – è un tema che affidiamo ai maghi, ai veggenti...”.

Comincio con il sostenere un qualcosa che può sembrare fuori contesto, ma non lo è. Il Congresso di Rebibbia è stato un momento importante, forse il più importante di un percorso cominciato almeno un paio d’anni fa. Da due anni nel Partito Radicale, con chi poteva (ma soprattutto voleva), si sono tenute quotidiane assemblee, le cosiddette “riunioni delle 12”, che potevano durare anche quattro-cinque ore di seguito; Marco Pannella, già stanco e consumato dalla malattia, non ne ha “disertata” una, e ogni volta quasi implorava quei compagni che vedeva indifferenti andarsene altrove, impegnati in “altro” perché in “altro” interessati, di restare, di non far mancare il loro contributo al dialogo, al confronto, alla discussione; e immancabilmente, ogni volta chiedeva dove fosse mai Emma Bonino, e se fosse stata avvertita, invitata.

Si potrà obiettare che non era possibile per tutti sottoporsi a quell’impegno quotidiano. È vero. Però era messa a disposizione una speciale frequenza, così che si poteva seguire quelle assemblee via Internet. Ad ogni modo, erano riunioni aperte a tutti; chiunque poteva intervenire, dire la sua; su qualsivoglia argomento. Poi ci sono state almeno due grandi assemblee, a Roma ed a Teramo, con le stesse modalità: aperte a chiunque, e con la possibilità di intervento per chiunque (unica “tirannia”, il tempo a disposizione). Infine, il Congresso, straordinario per tanti motivi: il luogo, Rebibbia; il fatto che non c’era Pannella; e autenticamente degli iscritti, dal momento che per la prima volta erano gli iscritti ad averlo sottoscritto. Anche il Congresso di Rebibbia aperto a chiunque; e chi non è venuto avrà avuto le sue ottime ragioni per farlo, ma certamente nessuno gli ha impedito di venire; è stata una sua rispettabilissima scelta, assunta in scienza e coscienza.

Perché dico questo? Per smentire l’affermazione secondo la quale il Congresso non sarebbe stato preceduto da un adeguato “dibattito”. A parte le riunioni delle 12, e le due assemblee a Roma ed a Teramo: mi è piaciuto raccogliere in un volumetto gli interventi che ho scritto sul Partito Radicale, Marco Pannella ecc., disseminati su riviste e giornali dall’inizio di quest’anno. Riflessioni e interventi di poco o nessuno interesse, discutibili, opinabili, non dico di no. Ma sono trentacinque. Trentacinque tentativi di “dibattito”. Nel raccoglierli, ho anche contato riflessioni e interventi scritti di altri, anche questi sparsi su giornali, riviste, ecc., che ordinatamente conservo nel mio archivio privato: sono arrivato a contarne cento, poi mi sono fermato. Non sono in grado di quantificare gli interventi orali, su “Radio Radicale” e altrove. Chiedo: visto che non si è fatto il “dibattito”, che dimensioni avrebbe avuto il nostro cercare di “ragionare”, se questo “dibattito” ci fosse stato? Oppure, più credibilmente, qualcuno – niente di male, beninteso – si è distratto?

Veniamo al Congresso. La scelta politica di averlo convocato in un carcere ha comportato un intervento non formale del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, di cui un tempo si sarebbe invocato: “Pubblicazione! Pubblicazione!”. C’è poi stato l’intervento del direttore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Santi Consolo: Radicale, nella forma e nella sostanza; quelli del direttore del carcere di Rebibbia e del cappellano di quel carcere; più Radicali di quelli di tanti radicali; e poi il comandante della polizia penitenziaria, le detenute e i detenuti, gli ergastolani... Politica alta, chi vuole li ascolti dal sito di “Radio Radicale”: scoprirà che la politica può anche assumere connotati nobili.

Vengo ora al benevolo, partecipe, più che amichevole “rimprovero” di Paolo, quello della “sospensione”. Nella storia radicale ci sono stati almeno un altro paio di altri momenti di “sospensione”. Mai come in quei momenti l’attività è stata intensa, ricca, “politica”. Confido che si saprà sorprenderti, Paolo, e penso che tu per primo sarai contento di essere smentito. Confido che si continuerà a fare “scandalo” come sempre, e proprio a partire dalle questioni del diritto al diritto, e del diritto umano e civile alla conoscenza. La mozione approvata costituisce un’utile bussola per comprendere quali saranno i fronti di mobilitazione: quello che già vede impegnato il “Global Committee for the Rule of Law”, voluto da Pannella e fondato con l’Ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata, già ministro degli Esteri, e Matteo Angioli: “Il Comitato è un ulteriore, nuovo strumento per la lotta radicale, al quale hanno aderito personalità di tutto il mondo e che dovrà contribuire allo sviluppo e avanzamento della campagna per la transizione verso lo stato di diritto attraverso l’affermazione in sede Onu del diritto alla conoscenza”. Agli iscritti è affidata “la prosecuzione della battaglia storica di Pannella per l’amnistia e l’indulto quale riforma obbligata per l’immediato rientro dello Stato nella legalità costituzionale italiana ed europea, premessa indispensabile per una Giustizia giusta improntata al diritto penale minimo, che sia resa in tempi equi e ragionevoli, da giudici terzi ed imparziali, equidistanti tra accusa e difesa”. Nell’immediato i radicali si mobiliteranno per una serie di iniziative che avranno il culmine “in una marcia da Regina Coeli a Piazza San Pietro il 6 novembre 2016, giornata del Giubileo dei carcerati... intitolata Pannella e Papa Francesco”.

Merita attenzione questo passaggio: “Il Congresso ribadisce la scelta federalista e per gli Stati Uniti d’Europa, unica alternativa ai nazionalismi antifederalisti e alla deriva burocratica dell’Unione europea”. Significa, nel solco di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, i “padri” del Manifesto di Ventotene, opposizione netta alle tentazioni demagogiche, populiste e “nazionalistiche” stile Lega Matteo Salvini da una parte; ma anche consapevolezza che le tentazioni di un’Europa delle piccole patrie non possono essere contrastate con richiami rituali come quelli di leader che ritualmente si recano a Ventotene, o si producono in stanchi vertici bi o trilaterali. Dal punto di vista “organizzativo”, i radicali si danno come obiettivo quello di raggiungere entro il 2017 almeno tremila iscritti: necessità dovuta non solo per l’allargamento della base su cui sviluppare l’azione politica. Sul partito grava anche un debito di circa un milione di euro da colmare. Come si vede, obiettivi ambiziosi, gravosi.

Aggiungo, senza rinunciare a un’oncia del mio essere un radicale liberale da ormai 45 anni, che dobbiamo fare nostro l’Antonio Gramsci che riflette come “ogni collasso porta con sé disordine intellettuale e morale. Bisogna creare gente sobria, paziente, che non disperi dinanzi ai peggiori orrori e non si esalti a ogni sciocchezza. Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà”.

Comunque, caro Paolo, proseguiamolo questo “dibattito” che si auspica, a partire dagli obiettivi e dagli impegni che ho cercato di riassumere, e senza omettere nessuna delle critiche e dei dissensi che si possono muovere. Sarà bello, utile, prezioso, ascoltarti, e con te Arturo e “L’Opinione”, e avervi, come è accaduto in passato, al nostro fianco. Dicono gli inglesi (quelli pre-Brexit, almeno) che la solidarietà è bella, ma ancor più bello accompagnarla con almeno uno scellino. Quell’autobus radicale la cui utilità è riconosciuta, per la sua marcia ha bisogno di “benzina”. Se credi che sia un invito-istigazione all’iscrizione, sì: lo è.


di Valter Vecellio