I mussulmani proni all’integralismo

venerdì 5 agosto 2016


Perché dobbiamo leggere, anche e soprattutto sotto l’ombrellone, questo favoloso “Elogio dell’edonismo vacanziero” di Nicolò Costa, sociologo eccelso nonché docente all’Università “La Sapienza”, senza farci ingannare dal nostalgico titolo evocativo degli Ottanta sotto il segno di Ronald Reagan, giacché la materia trattata ci narra, anche e specialmente, dell’attualità complessa e complicata da fondamentalismi e integralismi, essenzialmente di marca islamica. Ve lo dico subito.

Come sempre - sarà un tic incorreggibile - mi bevo, insieme al caffè di mattina, il boxino di “Alta Società” con tanto di firma a Cappello a Cilindro sotto il quale stanno due occhi implacabilmente curiosi, come l’intelletto che li comanda, di un sublime Carlo Rossella. Stavolta “Alta Società” parla delle vacanze della famiglia reale saudita di qua e di là su grossi panfili nei più bei posti del mondo, dal Marocco alla Costa Smeralda. Ci mancherebbe altro che una famiglia, per di più reale e per giunta saudita, non si goda le meritate vacanze. Ma c’è un punto, un quid, un quod, un dettaglio che Cappello a Cilindro benevolmente ma cronachisticamente ci mette sotto gli occhi: i grossi panfili a prua “hanno bianche tende capaci di nascondere le donne degli sceicchi in costume da bagno”. Mica donne nude, ma in costume da bagno, donne musulmane, proibite agli sguardi impuri altrui, presumibilmente infedeli. Un dettaglio, si fa per dire, che dice tante cose, ci parla di altro, un altro che però conosciamo bene. E ci pongono, soprattutto, un perché? In cui il punto interrogativo ci obbliga a riflessioni da approfondire.

In questo ci aiuta e ci consola, con il libricino allegato a “Il Giornale” dal titolo in cui la nostalgia non ci inganna mai perché è funzionale ad un’analisi acuta e arguta del “sistema vacanze” inteso come prodotto degli imprenditori e creatori che delle vacanze hanno strutturato l’aspetto fondamentale di “ricreazione liberale”. Eccoci al punto, alla ratio più autentica che sorregge questo racconto delizioso eppure profondo e sempre stimolante, riannodando il Grand Tour dell’upper class settecentesca alle intuizioni di Coco Chanel, alle realizzazioni francesi col Club Med, alle quattro esse del turismo italiano - spiaggia, sole, sabbia, sesso - laddove quest’ultimo termine indica la libertà della regressione tipica del semel in anno, ancorché ritmata dai motivi dei cantautori o, più in là nel tempo, aggiornato nelle merengue e bosse dei ritmi brasiliani o africani o dell’Oceano Indiano.

Poteva questa cavalcata storica ignorare la bomba del bikini (fine anni Cinquanta), il due pezzi collegato all’Atomica esplosa nell’omonimo atollo? Il bikini rivoluziona mode e corpi, ma sollecita critiche da sinistra contro la mercificazione dei corpi femminili che accompagna il retaggio degli entourage engagé anticapitalisti. Sui quali si innesta l’onda lunga e sempre attiva dei bacchettoni nostrani e, infine, dell’integralismo religioso che ha tutto il diritto di chiamarsi, oggi, proibizionismo islamico. Dunque, quel bianco lenzuolo iniziale che produce l’assenza agli occhi estranei del corpo delle musulmane, non è soltanto un dettaglio, una nota di costume (da bagno), una notizia modaiola. No, è l’altro versante della stessa medaglia integralista che ha assonanze con i critici nostrani derisori delle masse manipolate dagli speculatori dei “falsi desideri”, ma ne estremizza e codifica religiosamente le interdizioni, simili certo a quelle dei moralizzatori della ricreazione autoritaria che ci dice cosa è giusto e sbagliato, ma ne fa un codice inappellabile, un canone obbligatorio, una legge, una dura lex sed lex riservata alle donne, a un mondo a parte.

Dunque, il passaggio dalla civiltà edonistica strutturata dalla importante e decisiva creatività degli “imprenditori dei piaceri” al Medioevo attualizzato e ordinato con la rigida separazione dei sessi, è il senso di quel proibizionismo islamico che va al di là, molto al di là delle bianche lenzuola della mulier abscondita. Non dunque il velo esteriore, ma un principio apodittico per dir così coranico, che permea un mondo e che lo rende prono ai dettami integralisti che nulla hanno a che fare con la civiltà nostra e con la modernità, entrambe ritenute corrotte e in pieno disfacimento morale. Sì, è proprio da leggere questo saggio che non a caso tira le somme di una narrazione seducente ma profonda, che intreccia curiosità di costume e di storia con considerazioni nel miglior senso della parola “politiche”.

“Ci accorgiamo dell’importanza di questa ‘civiltà edonistica’ - conclude l’autore - soltanto quando vediamo le strade di Parigi (e noi ci aggiungiamo quelle di Nizza) e di Bruxelles o le spiagge tunisine di Soussa o egiziane di Sharm el-Sheikh deserte a causa degli attentati terroristici dell’Isis. Evidenza per sottrazione. Davanti a quel “rito pubblico” dato per ovvio, sperimentiamo ciò che avevamo dimenticato: il lutto collettivo per la perdita dei piaceri materiali. E finalmente la smettiamo di perdere tempo con gli intellettuali snob e i preti… Basta con le chiacchiere da zuzzurelloni”. Come non essere d’accordo? Basta! E così sia.


di Paolo Pillitteri