giovedì 21 luglio 2016
La cronaca riferisce dei dolori dell’ultimo “giovane Werther” della politica: il senatore Renato Schifani. In altri tempi, forse, qualcuno avrebbe preso sul serio i suoi dubbi sul “che fare?” del Governo Renzi. Oggi non è così. C’è molta più consapevolezza tra le persone comuni circa l’ordine di grandezza dei problemi da affrontare di quanti gli abitatori del potere possano immaginare. Davvero si pensa che le manovre di palazzo siano la risposta alla domanda di sicurezza sociale ed economica che proviene dal mondo reale?
Anche il senatore Schifani, come tutti gli altri atomi centristi, ha creduto, magari in buonafede, di passare alla storia da salvatore della patria obbedendo ai voleri di padron Renzi. Ma si sbagliava. L’errore capitale che ha commesso è stato di votare l’Italicum, pur nella consapevolezza che avrebbe condannato la creatura che ha contribuito a fondare alla scomparsa definitiva dalla scena politica. Presa coscienza dell’errore compiuto, il senatore vorrebbe tornare indietro, magari aiutato da qualche generoso incentivo che gli faciliti il viaggio di ritorno. Sarebbe interessante domandargli: perché adesso? Perché abbandonare ora la scialuppa renziana, visto che al momento per i ”rottamatori” c’è ancora tempo buono e mare assicurato? La verità è che Schifani ha compreso benissimo che la legge elettorale non cambierà e che coloro tra i suoi compagni di partito che lo pensano s’illudono. Renzi glielo lascia dire ma non ha alcuna intenzione di assecondarli come non ha preso sul serio i patetici tentativi della sua minoranza interna di rimescolare le carte dell’Italicum.
La bizzarra discussione che sta infiammando il “Palazzo d’Estate” su improbabili “Mattarellum 2.0” è la metafora del secchiello e della paletta dati al bambino perché inganni il tempo sotto l’ombrellone. Il capo non si cura delle elucubrazioni della sua mugugnante truppa. Glielo ha anche detto: “Se trovate i numeri in Parlamento per cambiare la legge, per me si può fare”, che equivale a dire: l’Italicum resterà fino alla notte dei tempi. Esagitazioni e mal di pancia, all’interno del variopinto blocco di governo, non impensieriscono il Premier. Il problema, invece, riguarda l’opposizione di centrodestra e in particolare Forza Italia. Posto che i grillini si sono collocati in una posizione di assoluto vantaggio che gli consente di capitalizzare qualsiasi errore venga compiuto dalle altre forze politiche, la patata bollente è finita tra le mani della pattuglia berlusconiana. Se, da un lato, accogliere il riflusso del Nuovo Centrodestra che va liquefacendosi può rappresentare un’occasione per tenere la maggioranza sulla corda, dall’altro bisogna considerare l’impatto negativo che una strategia delle “sliding doors” possa avere sull’elettorato di riferimento sopravvissuto allo tsunami a Cinque Stelle.
Coloro che hanno dato vita al Ncd hanno compiuto una scelta devastante per il popolo di centrodestra. Spesso il loro voltafaccia è stato motivato da basse ragioni di potere. Ora, pensare che alcuni di loro possano fare il percorso all’indietro come se nulla fosse accaduto potrebbe rivelarsi un boomerang per le aspirazioni berlusconiane a riconquistare la fiducia degli elettori delusi. Da quando il Movimento Cinque Stelle sorveglia i varchi della mobilità elettorale, voltagabbana e ribaltonisti non sono più una risorsa alla quale attingere ma un onere non agevolmente ammortizzabile. Non sarebbe una cattiva idea se in Forza Italia si vagliassero le richieste di reingresso tenendo conto della loro sostenibilità.
Per dirla brutalmente, la domanda che dovrebbero porsi Berlusconi & soci non è quanto paghi riavere un fuoriuscito dall’area centrista, ma quanto costi in termini di consenso riprenderselo. Magari si scoprirà che certi ritorni di fiamma non valgono la candela che li genera.
di Cristofaro Sola