venerdì 15 luglio 2016
Il voto del Senato sulla legge per gli enti locali indica con chiarezza che nessuno, neppure le opposizioni più accanite, ha interesse a far cadere il Governo durante i mesi estivi e prima del referendum sulla riforma costituzionale. Ma questa tregua di fatto non esclude, anzi, lascia presagire che da adesso in avanti si moltiplicheranno i segnali di frizione e tensione all’interno della maggioranza in vista di quelli che tutti pensano dover essere gli equilibri politici della fine legislatura.
La convinzione generale è che il Governo di Matteo Renzi non sia in grado di reggere fino alla scadenza naturale delle prossime elezioni politiche. E che con il combinato disposto tra riforma costituzionale e legge elettorale abbia messo inconsapevolmente in piedi un meccanismo perverso destinato a regalare il Paese al Movimento Cinque Stelle. L’obiettivo comune di tutte le forze politiche che non vogliono ripetere a livello nazionale l’esperienza di Roma e Torino è, dunque, di costringere Renzi a modificare il meccanismo che rischia di consegnare l’Italia ad una setta ristretta di dilettanti invasati e di creare le condizioni per una stabilità politica valida non solo per la fine della legislatura ma anche per tutti i cinque anni di quella successiva.
Come raggiungere questo obiettivo? Il primo passo è evitare una crisi al buio. Di qui la larga maggioranza sulla legge per gli enti locali. Il secondo è di convincere Renzi a rinunciare al suo arroccamento su intreccio tra riforma costituzionale ed Italicum. Di qui tutte le tensioni che da ora in avanti si manifesteranno all’interno della maggioranza per dimostrare al Presidente del Consiglio che il ballottaggio in un sistema tripolare serve solo a favorire il voto a dispetto del polo sconfitto al primo turno ed a determinare il Governo di una ristrettissima minoranza. Il terzo è di creare le condizioni per quella stabilità politica che non viene sollecitata solo dalle forze responsabili interne, ma che viene richiesta a gran voce da tutta l’Europa e dall’intero mondo occidentale.
Se Renzi avesse l’umiltà di riconoscere di essersi illuso di essere diventato il padrone d’Italia dopo il voto europeo, potrebbe essere lui stesso a gestire questo percorso. Ma nessuno si fida del suo egocentrismo esasperato e cinico e, quindi, l’impressione generale è che per arrivare a creare le condizioni di stabilità non ci sia altro mezzo che fargli perdere il referendum per costringerlo ad uscire di scena e passare il testimone governativo a chi dovrebbe realizzare una legge elettorale destinata a rendere impossibile l’effetto-Roma o l’effetto-Torino (che poi non sono altro che la ripetizione dell’effetto-Parma) a livello nazionale.
Renzi potrebbe evitare una sorte del genere promettendo una legge elettorale diversa dall’Italicum. Ma o questa legge viene fatta subito, prima del referendum, oppure la sua sorte è segnata. Perché la sua arroganza ha compiuto un capolavoro in soli due anni. Ha fatto in modo che nessuno si possa fidare della sue promesse!
di Arturo Diaconale