Mancini: sbatti il mostro in prima

martedì 12 luglio 2016


Finalmente la lobby delle “porte aperte ai migranti” ha il suo bel mostro da crocifiggere. Si chiama Amedeo Mancini ed è della città marchigiana di Fermo. Mancini ha ucciso il nigeriano Emmanuel Chidi Nnamdi, ospite insieme alla moglie Chinyery della comunità di Capodarco. Per il circo mediatico non ci sono dubbi: Mancini è uno spietato assassino, mosso da odio razziale. Sentenza di condanna già emessa.

Il fatto che Mancini dichiari di aver agito per legittima difesa è un dettaglio ininfluente, come ininfluenti sono le testimonianze di cittadini presenti alla colluttazione che avrebbero confermato la versione dell’indagato. Neppure le prime risultanze autoptiche scalfirebbero l’equazione giustizialista: Mancini in quanto simpatizzante di estrema destra non può essere innocente. Alla faccia del garantismo! I “compagni” hanno fabbricato il mostro e se lo tengono stretto: serve a fare sentire un escremento umano chiunque osi mettere in dubbio l’ineluttabilità del fenomeno migratorio e il dovere della comunità nazionale di subirlo passivamente. Chi nega i sacri principi dell’accoglienza è un…“Mancini”. E l’indagato? Lui è perfetto nella parte cucitagli addosso. Ha, come si dice, le physique du role. Testa calda, manesco, attaccabrighe abituale, Mancini non può aver detto la verità. Poi c’è la moglie del nigeriano che l’accusa del pestaggio e c’è don Vinicio Albanesi, il boss della holding “Comunità di Capodarco” che avalla la versione dell’aggressione razzista, pur senza essere stato presente alla lite. Il sant’uomo non vuole sentire ragioni anche se i testimoni dicono l’opposto e l’autopsia ha stabilito che non c’è stato pestaggio. Come si comporteranno gli inquirenti? Se dovesse emergere che Mancini, come giura, ha davvero ricevuto un morso dalla signora Chinyery e che il paletto della segnaletica stradale trasformato in arma letale non l’ha usato lui, come asserisce la moglie della vittima, ma, al contrario, sono stati i coniugi nigeriani a impugnarlo per colpirlo, vorrà dire che la vedova è imputabile per aver partecipato attivamente all’azione violenta. A quel punto cosa faranno i magistrati della Procura fermana? Lo manderanno un avviso di garanzia alla signora divenuta, suo malgrado, l’ultima icona della lobby multiculturalista? Sarà bene che qualcuno spieghi alla gentile ospite nigeriana che mentire all’autorità giudiziaria sulle circostanze di un evento delittuoso è reato.

A nessuno viene voglia di conoscere la verità prima di sputare sentenze? In questa brutta vicenda non ci sono innocenti. Non è innocente Mancini per quell’odioso “scimmia africana” rivolto alla moglie della vittima e per quel viziaccio di menar le mani a ogni piè sospinto. Non è innocente la signora Chinyery che ha mentito sulla dinamica della lite. Non è innocente don Vinicio Albanesi che, per difendere il suo business, sta irresponsabilmente soffiando sul fuoco delle polemiche. Non sono innocenti i politici che si sono avventati come iene affamate sulla carogna dello “zebù” Mancini per trarne indebita popolarità. Non è innocente il ministro Alfano che si è precipitato a Fermo al solo scopo di distogliere lo sguardo dell’opinione pubblica dai maneggi dei suoi familiari. Non sono innocenti Maria Elena Boschi e Laura Boldrini che sono corse al funerale del nigeriano, snobbando quelli delle vittime italiane del terrorismo islamico nell’infame notte di Dacca. Non è innocente la senatrice Linda Lanzillotta che, presiedendo la seduta del Senato durante la quale si commemorava il nigeriano ucciso, ha impedito a Carlo Giovanardi di continuare il suo intervento solo perché il senatore aveva esordito dicendo: “Non so cosa è successo… approfondiremo l’accaduto”. E in questa gigantesca fiera della menzogna l’unico bugiardo sarebbe Mancini il boia? Ma si guardino allo specchio, lor signori.


di Cristofaro Sola