martedì 21 giugno 2016
A risultare decisivo è stato il voto a dispetto degli elettori del centrodestra. È grazie a questo voto di rabbia e di pancia che Virginia Raggi ha stravinto a Roma e Chiara Appendino ha trionfato a Torino. Matteo Renzi ed i teorici del Partito della Nazione avevano calcolato che, pur di non favorire i “barbari” grillini, i moderati avrebbero “turato il naso” e votato per il Partito Democratico trasformato dal Premier in una nuova Dc poco cristiana e molto politicamente corretta. Invece, come già era avvenuto a Parma all’epoca dell’elezione a sorpresa di Federico Pizzarotti, la stragrande maggioranza degli elettori del centrodestra di Roma e Milano non se la sono sentita di passare armi e bagagli al Pd di Renzi ed hanno felicemente tappato il naso per aiutare le ragazze grilline a dare una sberla all’inquilino attuale di Palazzo Chigi.
Si dirà che il voto a dispetto è volatile e non può essere la base di alcun progetto politico. Il ché è vero ma solo in parte. Perché l’indicazione politica emersa dalle elezioni che si sono tenute nelle principali città italiane dimostra con assoluta certezza che il progetto politico di Renzi di dare vita ad un nuovo partito leaderistico a vocazione maggioritaria contando sullo sfondamento a destra è clamorosamente fallito.
Si tratta di una indicazione marginale? Niente affatto. Perché una volta svanita l’ipotesi del Partito della Nazione cade automaticamente la presunzione di dare vita ad una nuova e più solida governabilità attraverso l’intreccio tra la riforma costituzionale e la nuova legge elettorale. Sulla base del voto comunale, infatti, il combinato disposto tra riforma istituzionale ed Italicum porta automaticamente a consegnare il governo del Paese al direttorio del Movimento Cinque Stelle.
Nessuno si illuda che questa considerazione possa spingere Renzi a recedere dalla personalizzazione del referendum e dalla speranza di continuare a rimanere “l’uomo solo al comando” almeno per il prossimo decennio. Il Premier non può più permettersi di fare marcia indietro ed è condannato a giocare la partita della vita nel prossimo referendum autunnale. Ma se si vuole impedire che il voto a dispetto consegni l’Italia all’avventura grillina non ci sono che due strade. La prima è che le componenti più responsabili dell’attuale maggioranza di governo impongano a Renzi la modifica della legge elettorale. La seconda è che l’area del centrodestra prenda spunto dall’esperienza positiva di Milano per dare vita ad una federazione più ampia possibile capace di porsi, con un nuovo gruppo dirigente e con idee e progetti innovativi, come unica alternativa di governo credibile alla sinistra frantumata tra renziani ed antirenziani ed all’avventurismo dilettantesco dei seguaci di Grillo e Casaleggio. Tertium non datur!
di Arturo Diaconale