Aridateci Silvio

sabato 11 giugno 2016


Adesso che la pompa cardiaca di Berlusconi non regge più ed il consiglio dei medici è quello di uscire dalla scena politica, cosa farà il centrodestra? Al netto del Cavaliere che, evidentemente non basta più ad unire il fronte moderato ed esce tra i fischi come fosse un campione a fine carriera il quale non si rassegna al tempo che passa, esiste al momento un altro bomber in grado di buttarla dentro? Esiste qualcuno in grado di federare le varie anime del centrodestra per andare “oltre il Polo” come del resto avevamo suggerito qualche giorno fa su queste stesse pagine?

Parliamoci chiaro, fino a quando si tratta di criticare ferocemente il manovratore, fino a quando si tratta di fare i giochini di tattica elettorale per sfasciare tutto, tutti coloro i quali siano dotati di un minimo di esperienza politica hanno vita facile.

Quando dal finiano “che fai mi cacci?” si deve passare a guidare un’intera area politica, il gioco si fa serio ed il famosissimo “quid” o ce l’hai o nessuno te lo può regalare. Matteo Salvini lotta come un leone su tematiche sacrosante ma non pensa in grande come dovrebbe fare il leader di un fronte politico ampio come quello di un’area che si contrappone alla sinistra. Il Capitano ha margini di sfondamento limitati che si fermano alla cosiddetta fascia moderata del Paese, altrimenti detta ceto medio che abitualmente non ha mai usato la ruspa per approcciare i problemi. Di questo suo limite è consapevole lo stesso leader del Carroccio il quale sa di aver raggiunto il fondo scala in termini di consenso e cerca di metterlo a frutto il prima possibile attraverso velleitarie azioni di appoggio al Movimento Cinque Stelle.

Ad un leader degno di questo nome è richiesta ben altra visione prospettica e non può permettersi di gestire i voti con la disperazione di chi ha in mano una bomba e non sa dove buttarla. Perfino Bossi, il quale non aveva certo lo standing di Gianni Agnelli, aveva imparato a sue spese - già sul finire degli anni Novanta - che le avventure velleitarie fuori dal centrodestra la Lega non se le può consentire e quindi starà ridendo di gusto per cotanta goffaggine.

Stessa cosa dicasi per Giorgia Meloni che, insieme a molti ex Alleanza Nazionale, si è messa in testa di costruire la nuova destra come fosse la massima aspirazione possibile. In queste ore è euforica per il sol fatto di aver sfondato il 20 per cento all’interno del Grande raccordo anulare e si è messa a fare la sciantosa che se la tira rispetto alle richieste di unità provenienti da ex colleghi di partito come Gianni Alemanno ed il buon Francesco Storace. Il tutto, successo o miracolo che dir si voglia, ottenuto esprimendosi al massimo delle sue possibilità anche con l’aiuto di Repubblica e dei giornaloni di sinistra che l’hanno trattata un po’ come quando lusingavano Fini perché rompesse con Berlusconi. Ma davvero qualcuno pensa di dare in mano la plancia di comando ad una brava e volenterosa giovine che si esalta per essere arrivata terza a Roma e desidera rifare la destra quando invece la priorità per ritornare ad essere classe di Governo è rifondare il centrodestra?

Piacerebbe domandare a chi legittimamente vuole rifondare la destra: per fare cosa? Per andare dove? Perché il fine ultimo bisogna averlo sempre bene a mente, altrimenti trattasi di mera operazione nostalgia o di un semplice “ritorno a casa” buono per chi non ha ben capito dove viri il presente e, disperato, cerca di rifugiarsi nelle certezze di quello che è stato come fosse l’unico porto sicuro.

A cosa serve oggi rifondare la destra se i soli modelli vincenti sono quelli antipolitici grillini mentre l’unico soggetto in grado di fargli da contraltare è un partito interclassista, vagamente di centrosinistra e sicuramente post ideologico come il Partito Democratico? Siamo fuori strada se pensiamo di contrappore i partiti di nicchia ai movimenti di massa, l’ideologia al pragmatismo. Hai visto mai che tra qualche tempo ci toccherà dire “aridateci Silvio”?


di Vito Massimano