I rischi dell’Italia, la mezza accoglienza

sabato 11 giugno 2016


La vicenda di Rosarno non è un incidente occasionale, ma la spia di una disperazione presente nei campi profughi che può diventare il propellente per l’esplosione di qualsiasi forma di violenza. Non solo quella spontanea di chi non ha alcuna speranza di riuscire ad inserirsi in qualche modo legale nella società italiana. Ma soprattutto quella costruita ed alimentata da chi può avere l’interesse di trasformare i centri di accoglienza nel brodo di coltura della criminalità e del terrorismo nel nostro Paese.

L’esperienza insegna che i campi dove vengono assiepati i profughi ed i migranti si prestano con grande facilità alle speculazioni ed alle strumentalizzazioni di ogni tipo. In particolare quando sono riempiti non di famiglie ma di giovani in prevalenza di sesso maschile a cui non viene data altre possibilità oltre quella di fuggire verso gli altri Paesi europei o quella di finire nelle mani di chi specula su loro lavoro a basso costo, di chi li vuole inserire nei circuiti criminali o di chi può pensare di utilizzarli come manodopera terroristica.

Fino ad ora il problema dell’accoglienza è stato affrontato solo nella parte relativa al salvataggio dei disperati che sfidano il mare sui gommoni e sui barconi. La vicenda di Rosarno impone ora di prendere in considerazione l’altra faccia dell’accoglienza. Che non è quella della prima assistenza a chi è stato salvato alle onde ed ha bisogno di cibo e di cure immediate. Ma è quella delle condizioni di vita esistenti nei campi dove i profughi vengono concentrati e delle prospettive di una qualche integrazione nella società italiana ed europea che vengono date ai giovani disperati, privi di istruzione e del tutto all’oscuro dei vizi e delle virtù presenti nel Paese che li ha accolti e li ospita.

Nel passato l’obiettivo che veniva indicato per i giovani italiani del sottoproletariato rurale ed urbano era “pane e lavoro”. Oggi il nuovo sottoproletariato che giunge sulle nostre coste ha bisogno di “pane, lavoro ed istruzione”. Non tra qualche anno ma subito, prima che la situazione degeneri e possa provocare disastri di grandi dimensioni e dalle conseguenze irreversibili.

Nessuno pensi di contrastare un pericolo del genere con il solo ricorso alla repressione giudiziaria. Serve una grande iniziativa politica e sociale. Che spetta in primo luogo al governo ed alle forze più responsabili della società nazionale. Chi ignora questa esigenza è destinato a pagare un prezzo elevatissimo.


di Arturo Diaconale