La partita tra paura ed antipatia

martedì 7 giugno 2016


In un sistema elettorale a doppio turno l’“uomo solo al comando” è in grado di aggregare i consensi o, al contrario, produce l’aggregazione dei dissensi? Il tema politico posto in maniera prepotente dal primo turno delle elezioni amministrative è essenzialmente questo. Al secondo turno i candidati sindaci benedetti da Matteo Renzi, cioè Sala a Milano, Giachetti a Roma, Fassino a Torino, riusciranno a raccogliere i voti necessari per battere gli sfidanti grillini o, viceversa, i candidati del Movimento Cinque Stelle beneficeranno dell’antirenzismo presente in maniera diffusa tra gli elettori del centrodestra fuori gioco a Roma ed a Torino e della sinistra radicale in tutto il Paese e riusciranno a conquistare le principali città italiane?

Era difficile immaginare che dal voto amministrativo sarebbe scaturita una questione del genere. Tutti prevedevano il balzo in avanti dei grillini, ma nessuno avrebbe mai immaginato che il Partito Democratico di Renzi si trovasse in una condizione del genere. Cioè quella di aver sostanzialmente perso la capacità di unire le diverse anime della sinistra che aveva all’epoca dell’Ulivo e di scoprire di aver avuto in cambio il dono nefasto di provocare l’aggregazione a dispetto dei propri avversari.

Si dirà che la questione interessa poco Matteo Renzi. Un conto sono le amministrative ed un conto sono le politiche. Ma il sistema elettorale da lui voluto prevede il ballottaggio tra due liste che al primo turno hanno avuto i risultati migliori. E se il 19 giugno i candidati grillini riuscissero a coagulare i voti di chi, dall’estrema destra alla sinistra, non vede l’ora di dare una lezione al Premier, lo scenario politico nazionale muterebbe. E la richiesta che da più parti viene avanzata di una modifica della legge elettorale in senso proporzionale in cambio del “Sì” al referendum sulla riforma costituzionale diventerebbe sicuramente più forte e pressante.

Naturalmente non è solo questa l’indicazione politica espressa dal voto amministrativo. Il Movimento di Beppe Grillo cresce, a conferma della rabbia diffusa nella società italiana per la crisi che viene negata e non riesce ad essere arrestata. A sua volta il centrodestra conferma di avere ancora un elettorato ma di non poterlo più indirizzare, controllare e gestire a causa della guerra di successione a Berlusconi aperta da Salvini e dalla Meloni. Ma la questione più interessante rimane la prima. Sarà più forte la paura per il caos grillino o l’antipatia per l’“uomo solo al comando”?


di Arturo Diaconale