giovedì 31 marzo 2016
La confusione identitaria che attanaglia il mondo intero (Occidente, Europa, Medio Oriente, ecc.) coinvolge anche il nostro scenario politico. Al di là, infatti, delle disquisizioni giornalistiche o televisive, siamo in presenza di due particolari vicende con conseguenze negative non indifferenti.
A sinistra l’identità del Partito Democratico è cambiata radicalmente con l’azione svolta da Renzi ottenendo qualche apprezzabile risultato che ancora paga, non si sa per quanto, in termini elettorali. Una metamorfosi formale e sostanziale che trova, comprensibilmente, l’opposizione culturale di chi, ideologicamente, è legato ad un passato che via via si va estinguendo in una società più attenta agli interessi che non agli ideali.
Contemporaneamente, e ancor più negativamente, nel campo avverso, nel cosiddetto centrodestra, albergano posizioni, presuntivamente identitarie, assolutamente antitetiche che cercano di unirsi solo per ottenere un effimero risultato elettorale vincente che, a mio parere, non resisterebbe in una azione di governo comune. Come immaginare, infatti, che quanti si riconoscono nel popolarismo europeo del Ppe possano convivere con chi si identifica, nella migliore delle ipotesi, nel “lepenismo” francese? Questa mancanza di originale identità non è, forse, la ragione della disaffezione di gran parte di quell’elettorato non di sinistra e non populista che, in quanto moderato e vicino al “Centro”, si rifugia nell’astensionismo perché privo di chiari punti di riferimento?
I temi che oggi sono macroscopicamente all’attenzione delle forze politiche, quali il modo di essere dell’Unione europea, il rapporto con l’epocale fenomeno dell’immigrazione, l’egemonia della Finanza sulla Politica (per citarne solo alcuni) sono compatibili, nella loro soluzione, alla visione del nostro Centro alleato con la nostra Destra?
In Italia, dunque, o ci sforziamo di trovare le identità di ognuno o la Politica non avrà più il suo ruolo originario che la renda autorevole, in grado di impedire che gli interessi, spesso cinici e crudeli, prevalgano sulla moralità, sugli ideali. Arriverà, finalmente, una classe dirigente capace di comprendere la necessità di riscoprire una propria identità a prescindere da qualsiasi previsione elettorale? Pronta a perdere nell’immediato, ma a vincere in futuro? Questa è la scommessa dei prossimi anni. Speriamo di vincerla non tanto per noi quanto per le prossime generazioni.
“Ci sono due cose durature che possiamo lasciare ai nostri figli: le radici e le ali” (William Hodding Carter II).
(*) Membro della Political Assembly del Ppe
di Potito Salatto (*)