Comunali: mamma, ho perso il candidato!

mercoledì 16 marzo 2016


Sulla scelta dei candidati sindaci la confusione regna sovrana. Da tutte le parti. Il centrodestra a Roma ha in pista il cavallo-Bertolaso che ha cominciato a correre non perché sia efficiente ma perché deve schivare le bastonate inferte dai presunti amici. I Cinque Stelle, a Milano, perdono per strada la candidata. Patrizia Bedori era stata scelta a suo tempo dai meneghini pentastellati - 74 voti in tutto - contro la volontà del signor Gianroberto Casaleggio, mente criptica del movimento. Quella nomination è nata sotto una cattiva stella e forse per questo non è durata. La poveretta non è mai stata amata dagli anonimi voyeur della Rete che l’hanno inondata di volgarità. Neppure è stata desiderata da quella intellighenzia radical chic che guarda con sprezzante sussiego coloro che non posseggono il giusto quid per stare al gioco del potere. Troppo grassa, troppo casalinga, troppo disoccupata la Bedori per piacere alla “bella gente” che frequenta i salotti di tendenza a Cinque Stelle: quelli popolati da tipi alla Dario Fo, per intenderci. Ieri l’altro il suo passo indietro e la zattera grillina, almeno a Milano, è tornata in alto mare.

Il Partito Democratico, a Napoli, è nella melma fino al collo. La sconfitta pilotata di Antonio Bassolino non è un caso destinato a chiudersi senza conseguenze. La questione non può essere sbrigativamente derubricata a storia di ordinario malcostume, endemico nelle periferie della politica. Nei voti procurati dai capibastone a Valeria Valente, astro nascente del plotone di giovani turchi di guardia al conducător Matteo Renzi, fa capolino il dato antropologico di una città abituata ad associare la rappresentanza politica alla categoria concettuale dello scambio, inteso in senso commerciale. Edoardo Scarfoglio, cent’anni fa, definiva Napoli l’unica citta dell’Oriente a non avere un quartiere occidentale. Diceva bene. All’ombra del Vesuvio tutto o quasi è suk. La politica è suk. Il fantasma di don Achille Lauro, quello della scarpa sinistra offerta all’elettore prima del voto e raggiunta da quella destra soltanto a urne chiuse e patto rispettato, aleggia indisturbato sui seggi. Oggi la Valente e i suoi amici romani fanno finta di scandalizzarsi ma erano consapevoli di come funzionasse il meccanismo perché in quel sistema di aggregazione coartata del consenso sono nati e cresciuti. Sono giovani all’anagrafe ma vecchi nella testa, più dei vecchi che vorrebbero rottamare. Ma di questi non hanno la medesima navigata piratesca scaltrezza. Pensano di aver liquidato Bassolino? Si sbagliano. La partita è solo iniziata. L’ex governatore li terrà sulla graticola fino al giorno della presentazione delle liste. Li ricatterà con la storia di una sua candidatura autonoma, che significherebbe sconfitta certa per il Pd. Renzi, che fa tanto il gradasso, pensate se lo possa permettere uno scivolone a Napoli? Tratterà, eccome se tratterà con Don Antonio. Alla fine, della “novità” Valente resterà solo lo scheletro, la ciccia la metterà tutta Bassolino. Per paralizzare i movimenti della candidata sindaca lo strumento che verrà messo in campo probabilmente si chiamerà “cabina di regia”: una cosa che a Bassolino provoca l’orgasmo. È stato con mezzi del genere che per quasi un ventennio il diabolico comunista della provincia meridionale, allievo di Pietro Ingrao, ha tenuto il potere con pugno di ferro a Napoli e in Campania. Contro di lui poco potrà l’attuale governatore Vincenzo De Luca, suo nemico storico. Qualcosa ci dice che nei prossimi tempi costui sarà impegnato a fronteggiare nuove beghe giudiziarie che potrebbero cascargli addosso tra capo e collo. D’altro canto, mettersi contro Bassolino non può essere a costo zero: un prezzo lo si deve pagare.

Stando così le cose, da qui a giugno ne vedremo delle belle. Peccato solo che questo teatrino non faccia per nulla divertire gli italiani.


di Cristofaro Sola