Le “gazebarie”, i numeri e la gente

martedì 15 marzo 2016


Il risultato più significativo delle cosiddette “gazebarie” celebrate a Roma per consolidare la candidatura di Guido Bertolaso a sindaco della Capitale non sono le cifre dei votanti. I dirigenti di Forza Italia parlano di quasi cinquantamila persone ma, come è già avvenuto per le primarie del Partito Democratico, è bene fare la tara su numeri forniti con troppa enfasi e trionfalismo. Ma, con o senza tara, le cifre contano poco rispetto alla circostanza, da nessuno smentita, della effettiva partecipazione popolare all’evento. Chiunque abbia girato per le piazze di Roma tra sabato e domenica scorsa non può non aver preso atto che nei gazebo, sia quelli del centro che quelli delle periferie, i cittadini si fermavano, si riconoscevano, parlavano ed alla fine deponevano la loro scheda nelle urne di cartone.

Di fronte a questa realtà oggettiva diventa poco interessante sapere se ai gazebo del centrodestra siano andati in cinquantamila o in trentamila. La partecipazione popolare, quella che nessuno si aspettava viste le divisioni esistenti nel centrodestra e la totale assenza di abitudine degli elettori moderati a simili manifestazioni, c’è stata. Ed è stata soprattutto spontanea e non il frutto della mobilitazione delle solite truppe cammellate.

Da questa partecipazione Bertolaso ha ottenuto la spinta per conservare la candidatura e non tornare a curare in tutta fretta i bambini in Africa. Ma, a parte il significato legato alla campagna elettorale per il Campidoglio, la presenza in piazza dei moderati romani esprime con chiarezza due indicazioni che non vanno sottovalutate in una valutazione più ampia della situazione politica italiana. La prima è che il rapporto personale tra Berlusconi ed i suoi elettori continua ad essere forte. Chi dava per scontato che il filo diretto tra il Cavaliere ed i suoi seguaci si fosse spezzato sbagliava. Il rapporto continua ad esserci. E la sua permanenza rinvia il momento del tramonto definitivo del fondatore di Forza Italia ed impone ai leader degli altri partiti del centrodestra di tenere in debito conto che la rottamazione di Berlusconi è rinviata a data da destinarsi. La seconda è che il popolo del centrodestra non è affatto scomparso. Esiste ed è anche animato da un desiderio di rivalsa nei confronti di chi lo sottovaluta o intende solo strumentalizzarlo.

Tutto questo, ovviamente, non basta a ricostruire l’unità dei moderati. Ma è una base importante per chi, nel centrodestra, voglia preparare il futuro. Anche quello del post-berlusconismo!


di Arturo Diaconale