Senato: servito patè di fegato alla Cirinnà

venerdì 19 febbraio 2016


Che scena in Senato! Sulla vicenda delle unioni civili la banda dei dilettanti renziani è finita gambe all’aria. Uno spettacolo così non lo si vedeva da tempo: sembrava di assistere a una commedia comica di Carlo Goldoni. I “dem” sono andati in aula con l’ostentata arroganza di chi mal sopporta il dialogo con le controparti. Non è una novità: è un fatto che dietro il mantra renziano del “fare presto” si celi l’insofferenza per la pratica del dibattito parlamentare. Pensavano di avere la vittoria in tasca e volevano chiudere in fretta la partita. Ma la fretta non ha portato bene. Di fatto, la partita non è neppure cominciata.

Il gruppo senatoriale del Partito Democratico, cascato nella trappola dell’opposizione, ha perso la bussola. Merito delle vecchie volpi leghiste. Cosa hanno fatto di tanto astuto? Hanno depositato una mole gigantesca di emendamenti salvo a ritirarli quasi in blocco dopo aver indotto i “dem” ad esporsi presentando a loro volta un “super- canguro”, cioè un emendamento premissivo la cui approvazione avrebbe vanificato l’ostruzionismo ma, nel contempo, avrebbe strozzato il dibattito parlamentare sulla legge. A fronte del beau geste leghista i “dem”, presi in contropiede, sono rimasti arroccati sulle posizioni iniziali. Il “super-canguro”, nei piani degli strateghi renziani, doveva servire a imporre il bavaglio anche a quelli che, all’interno del Partito Democratico, sono contrari alla “stepchild adoption” e alla parificazione giuridica delle unioni civili al matrimonio.

Ma la speranza di farcela comunque è miseramente naufragata quando i grillini, annusando l’aria di crisi in casa democratica, si sono sfilati dal sostegno promesso. Con un coup de théâtre, il senatore Alberto Airola ha preso la parola in aula per dire che il suo gruppo, per ragioni di principio, non avrebbe sostenuto il “super-canguro” ma avrebbe votato integralmente il testo in discussione, sfidando provocatoriamente il Pd a procedere per voto palese. A quel punto tra i “dem” è stato il caos. La truppa parlamentare in rotta se l’è presa con i Cinque Stelle accusandoli di tradimento. Il capogruppo Luigi Zanda, nel pallone, ha chiesto una sospensione dei lavori per evitare la conta. La senatrice Monica Cirinnà, madre putativa del disegno di legge, ha sbroccato: vagava per i corridoi di Palazzo Madama strologando di un sms inviatole dal senatore Airola col quale, diversamente da quanto dichiarato in aula, il pentastellato le confermava il sostegno dell’intero gruppo M5S al “super-canguro”.

Alla fine della giornata si capisce che l’allegra combriccola democratica, che pensava di avere l’Italia in tasca, è uscita da Palazzo Madama con le ossa rotte. I “centrini” di Angelino Alfano hanno il morale alle stelle: ringraziano tutti, anche gli uscieri del Senato, per quello che, erroneamente, spacciano per una loro “vittoria di tappa”, come si direbbe tra ciclisti. Ma non hanno capito nulla. Il vincitore del primo round, se c’è stato, sta fuori del Parlamento e si chiama Gianroberto Casaleggio, l’anima segreta del grillismo. Il criptico personaggio ha prima concesso libertà di pensiero ai suoi “ragazzi” e poi, finita l’ora di ricreazione, ha rimesso tutti in riga. La scelta di Casaleggio non deve meravigliare: lui sa benissimo che la maggioranza dell’elettorato pentastellato ha una radice di centrodestra e cattolica. Mai la base silenziosa del movimento avrebbe accettato una scelta marcatamente progressista sul tema sensibile delle adozioni dei bambini da parte delle coppie omosessuali. Ciò ha determinato il “contrordine compagni!”: chapeau, per la perfetta tempistica del dietrofront.

Ora, toccherà a Matteo Renzi inventarsi qualcosa per uscire dal guano nel quale si è tuffato con tutte le scarpe. Auguri e figli maschi.


di Cristofaro Sola