mercoledì 17 febbraio 2016
Non è tanto il “chi sta con chi”, ma la nuda e cruda domanda: adesso, tu con chi stai? Il “chi” sta a indicare: Stefano Parisi o Beppe Sala. Insomma, in giro è un florilegio di interroganti richieste, come ad avere una conferma, in un senso o nell’altro. Adesso, non prima. Non fino alla discesa in campo di Parisi il cui nome, come da un magico cilindro, è venuto fuori grazie, dicono, alle intuizioni in quel di Arcore, segno indubitabile di un risveglio di quasi primavera da tanti auspicato, e da altrettanti temuto o comunque sottovalutato. Fatto sta che la candidatura di Parisi ha fatto scattare una certa quale attenzione, sia nei media spesso “amici” di Sala, peraltro in corsa solitaria, sia nel silenzio assordante del centrodestra (si sentivano solo i niet di Matteo Salvini, adesso, pare, in pausa di riflessione dopo l’arresto del fedelissimo di Roberto Maroni, Fabio Rizzi, consigliere regionale).
Chissà se Matteo ritornerà ai toni ruvidi contro la magistratura (“una schifezza!”) in seguito al colpo inferto al suo fedelissimo in Liguria. E questa dei colpi delle toghe in questo bailamme pre-elettorale (è di ora la notizia di Crocetta indagato) la dice lunga sul ruolo sempre più immanente della magistratura sulla politica. Interferenza che, per dirla col nostro Diaconale agli albori di “Mani pulite”, è destinata - da allora! - a fare la differenza nelle competizioni elettorali. Sono passati quasi oltre venti anni e siamo ancora lì, dalle Alpi a Capo Passero. La scelta della new entry milanese, ha inoltre prodotto una brusca frenata a Corrado Passera, il terzo top manager candidato alla poltrona di Palazzo Marino, tagliandogli l’erba, in realtà poco cresciuta, sotto i piedi. E adesso, “povero” - si fa per dire - Passera, cosa farai? Vai avanti o ti fermi? Ecco, le domande si accavallano, le interroganti richieste di collocazione nelle prossime venture amministrative meneghine sono il leitmotiv di giorni nei quali la candidatura di quel Beppe Sala vittorioso - almeno numericamente - alle scombinate primarie del Pd, cerca di strutturarsi rispetto alle alleanza interne da compiere, con la Balzani di Pisapia doc, o con Majorino a mezzadria o con vattelapesca. Il punto vero, tuttavia, è un altro. Ed è proprio la new entry scaturita dal cervello pensante di qualcuno nel centrodestra che mette in difficoltà il buon Sala, il cui entourage era rimasto placido e tranquillo cullandosi nell’assenza di avversari degni di questo nome, giacché uno come Passera, bravo manager nonché banchiere, è stato giammai temibile, nemmeno per un attimo, per la corrazzata del Partito Democratico.
Intendiamoci, l’arrivo di Parisi ringalluzzisce Forza Italia e pure Fratelli d’Italia, ma soprattutto ha risvegliato dall’indifferenza una consistente parte dell’elettorato che a Milano è stato patrimonio del Cavaliere insieme ai sindaci Albertini e Moratti - per non dire dei lunghi anni in Regione di Formigoni - e che era entrato in sonno da un quinquennio, subito dopo la sconfitta di Donna Letizia, sconfitta per molti inopinata, ma non per Gabriele Albertini che in una graziosamente pungente intervista a “Italia Oggi” ha messo in risalto gli errori morattiani, anche e soprattutto rispetto alle scelte impostate da lui precedentemente e da lei lasciate in gran parte cadere o sprecare: a parte l’Expo, a sua volta scipata e tramutata in bandiera da sventolare da un ex morattiano come Sala. Il quale aveva fatto una certa qual breccia nel cuore di quell’elettorato di un centro sguarnito e alla deriva, grazie proprio all’Expo, ma anche alle sue radici politiche, alle quali ha invece tentato di sottrarsi negandone, come Pietro, l’appartenenza, anzi! Per soprammercato, le Primarie hanno offerto il destro di maldicenze a go go da parte dei nemici viscerali di qualsiasi ombra berlusconiana, Sala in primis, di sfruculiare in certi passaggi e dettagli peraltro ottenendo ben poco per loro stessi (che in realtà aspettavano la manna, ovvero l’avviso di garanzia, dal cielo del Palazzo di Giustizia) riuscendo però a scalfire l’oggetto delle loro critiche. Svolte, si capisce, in nome della buona politica.
I giochi dovrebbero essere riaperti con Parisi, il cui profilo politico e manageriale è in grado di intercettare una parte consistente delle migliaia e migliaia di indecisi, grazie, appunto, alla sua credibilità, destinata a crescere qualora Sala (e i suoi supporter meno svegli) intenda spostare ulteriormente a sinistra l’asse della sua campagna elettorale. Errore! In una città moderata come Milano sarebbe una manna dal cielo - quello vero - per gli avversari. E si capisce perché si rincorrano le domande: ma tu, adesso, con chi stai? E c’è qualche dritto che vorrebbe stare con tutti e due...
di Paolo Pillitteri