La riforma passa con i voti dei Giuda

venerdì 22 gennaio 2016


La riforma costituzionale del Senato ha tagliato il suo terzo traguardo di tappa. Matteo Renzi è raggiante per il risultato. Ieri l’altro il Premier ha parlato di una giornata “di cui si occuperà la storia”.

A ben vedere ha ragione lui: di ciò che è accaduto ne parlerà la storia, ma per motivi assai diversi da quelli che ha enfaticamente enunciato nell’aula parlamentare. La riforma che si sta approvando è pessima, purtuttavia passerà grazie al soccorso offerto alla traballante maggioranza dai troppi transfughi del centrodestra. Come si dice: i numeri sono testardi. E sono i numeri a smentire la tracotanza del presidente del Consiglio. I sì sono stati 180, i no 112 oltre a un astenuto. Per essere approvato il provvedimento avrebbe dovuto ricevere almeno 161 voti favorevoli. Ne ha avuti 19 più del previsto. Se non fosse stato per i 17 voti della nuova band formata da Denis Verdini & friends, ai quali si sono aggiunti i tre fedelissimi del sindaco di Verona Flavio Tosi, già trombato dalla Lega Nord e due convertiti dell’ultim’ora, i senatori di Forza Italia Riccardo Villari e Bernabò Bocca, che in totale fanno 22, i voti favorevoli si sarebbero fermati a 158, tre in meno rispetto al quorum richiesto. E questo per Renzi sarebbe un trionfo? Si vede che il ragazzo si accontenta di poco. La verità è che uno schifo di riforma sta continuando il suo percorso grazie al tradimento di un gruppo di scriteriati i quali hanno fatto strame del mandato ricevuto dagli elettori. Erano stati votati nel 2013 per rappresentare e realizzare il programma della destra italiana, invece per interessi di bottega hanno abusato del diritto che una Carta Costituzionale inadeguata ai tempi concede loro di agire senza vincolo di mandato.

Il sì dato oggi a Matteo Renzi è un propellente formidabile per la spinta populista ai partiti antisistema i quali hanno gioco facile nel denunciare la deriva antidemocratica di una politica totalmente scollata da quella società civile che dovrebbe rappresentare. Non ci si lamenti poi se un Movimento 5Stelle qualsiasi faccia incetta di consensi. Pur essendo dilettanti allo sbaraglio i quadri dirigenti grillini possono sbandierare la virtù della coerenza che i vecchi arnesi del sottobosco parlamentare non sanno neanche lontanamente cosa sia.

La rivoluzione liberale propugnata da Silvio Berlusconi avrebbe dovuto portare agli italiani, con la bipolarizzazione del sistema politico, il vento nuovo della chiarezza e della lealtà nella vita pubblica del paese. Invece, a distanza di venti anni dal suo inizio, ci ritroviamo a fare i conti con un mondo, il centrodestra, malato di corruzione. Già! Perché corruzione non si ha, come recita il codice penale, soltanto quando “Il pubblico ufficiale… per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa…”. Esiste una forma più subdola di corruzione che attiene alla violazione, a meri fini di potere personale, del patto stipulato con i cittadini al momento del voto. È semplicemente immorale aver mentito agli elettori sulle proprie reali intenzioni. Con ciò non vogliamo dire che non si abbia il diritto di cambiare idea in corso d’opera: ci mancherebbe! Ma un minimo di decenza dovrebbe consigliare ai rappresentati del popolo, aggrediti da sussulti di coscienza, di rimettere il mandato ricevuto prima di cambiare bandiera. Invece, questi galantuomini, restano al loro posto tenendosi ben stretto lo strapuntino sul quale sono appollaiati.

Poiché non siamo gentiluomini di campagna non ci viene di fare spallucce davanti a tanta vergognosa condotta. Il nostro sincero augurio è che quel voto venduto all’avversario, ieri l’altro, gli vada di traverso!


di Cristofaro Sola