giovedì 29 ottobre 2015
I problemi più inquietanti che gravano in questo momento su Roma si chiamano rispettivamente Ignazio Marino e Matteo Renzi. Il primo problema è rappresentato da un sindaco inadeguato che, a dispetto delle condizioni in cui versa la Capitale alla vigilia del Giubileo, si preoccupa esclusivamente della propria faccia piuttosto che della sorte dei propri concittadini. Che Marino debba uscire di scena il più presto possibile per ridare ai romani il diritto di scegliere nuovi amministratori più capaci ed efficienti è scontato. Il suo, quindi, è un problema di facile soluzione. Basta sfiduciarlo e toglierlo di mezzo e la questione è risolta. Il problema costituito da Renzi, invece, è molto più complicato da dipanare. Perché riguarda due aspetti specifici a cui sembra difficile porre rimedio. Il primo è il carattere ed il modo di sviluppare i rapporti politici del Premier. Il secondo è la situazione che questo carattere e questo modo di fare politica sta provocando non solo con gli alleati di governo ma, soprattutto, all’interno del Partito democratico e nei territori.
Che il carattere di Renzi sia a tal punto volitivo da risultare addirittura autoritario è fuor di dubbio. Il Presidente del Consiglio opera e decide con la massima rapidità ed in piena e totale solitudine. Il che non deve essere considerato necessariamente un difetto visto che ogni leader, per essere tale, deve aver capacità di comando ed una buona dose di egocentrismo e presunzione di infallibilità. Ma il guaio è che Renzi non si limita ad operare da autocrate. Rifiuta di dialogare con chiunque non sia allineato ed obbediente alle proprie direttive ed arriva addirittura ad ignorare ed a manifestare il massimo disprezzo nei confronti di chi cerca in qualche modo di creare un qualche confronto dialettico. “Fassina chi?” è il precedente che anticipa perfettamente l’ostentato disprezzo nei confronti di Marino. Ed è la cifra costante di un comportamento che tende a trasformare l’“uomo solo al comando” nel comando dell’uomo isolato.
La riprova che questo modo di fare politica esibendo un carattere sprezzante rende difficili i rapporti è tutta nelle difficoltà che Renzi incontra fuori da Palazzo Chigi e nei territori periferici. A Roma come a Napoli, a Bari come a Palermo, a Torino come a Milano. Il renzismo nelle città non sfonda perché il suo leader non dialoga con chi non si inchina e cerca il confronto. Il Premier se ne infischia e punta al consenso delle masse. Ma la politica plebiscitaria alla lunga stanca. E le masse, come la storia insegna, sono estremamente volubili. Soprattutto nella società contemporanea dove tutto avviene all’insegna della massima accelerazione!
di Arturo Diaconale