L’incognita libica sulla legge di stabilità

sabato 17 ottobre 2015


Non ci vuole grande acume nel capire che la legge di stabilità realizzata attraverso il deficit è finalizzata ad un obiettivo esclusivamente elettorale. Matteo Renzi ha di fronte le Amministrative della prossima primavera nelle principali città italiane, il successivo referendum sulla riforma costituzionale e le elezioni politiche che, nel caso di successo nelle amministrative e nel referendum, potrebbero essere anticipate al 2017. È scontato, quindi, che si preoccupi di spianare la strada con misure adeguate a quella che spera possa essere una cavalcata trionfale verso la realizzazione definita del suo premierato-principato.

Ma se è scontato che la legge di stabilità non serva alla ripresa ma solo al risultato elettorale, è altrettanto scontato che venga realizzata attingendo ed aumentando il deficit pubblico. Renzi ha assicurato che le coperture delle maggiori spese non mancano. Ma, visto che nella manovra non figurano tagli alle spese particolarmente significativi, è facile concludere che per finanziare la manovra elettoralistica si ricorrerà all’aumento del deficit, come avveniva al tempo della Prima Repubblica.

Su quest’orgia di assoluta prevedibilità grava però un’incognita che il governo non ha minimamente previsto e che si chiama Libia. Farnesina e Palazzo Chigi non perdono occasione per rivendicare al nostro Paese un ruolo di “guida” del processo di pacificazione e riorganizzazione sotto l’egida dell’Onu della martoriata “quarta sponda”. E lo stesso inviato delle Nazioni Unite, Bernardino León, dopo essere riuscito a far trovare un’intesa tra la maggior parte delle fazioni in campo per una soluzione unitaria della crisi libica, si è pronunciato in favore di una “guida“ italiana della missione internazionale che dovrà garantire il successo della futura “normalizzazione”.

Qualcuno all’interno del governo può forse pensare che una eventualità del genere possa essere a costo zero in termini di finanziamenti, mezzi ed uomini? O che possa diventare un’occasione per spillare un po’ di quattrini all’Onu o all’Unione europea?

È bene sgomberare il campo da illusioni del genere. Se l’Italia vuole un ruolo di “guida” nella missione libica non solo per una questione di prestigio ma soprattutto per difendere il Paese dal pericolo di minacce fondamentaliste provenienti dall’Isis, deve mettere in conto l’impiego di risorse materiali e morali ingenti. Nella legge di stabilità elettoralistica non esistono accantonamenti per imprevisti del genere. Il deficit viene innalzato fino al limite imposto dalla Ue solo per finanziare le misure interne. Il rischio è questo: il vento libico può spazzare la manovra domestica e personalistica del Premier. Un vento che può fischiare sia nel caso l’Italia guidi la missione dell’Onu sia che scarichi la responsabilità ad altri e si affidi alla Provvidenza per scongiurare il pericolo di una aggressione da parte dell’Isis!


di Arturo Diaconale