Il “travaglio” di Matteo Renzi

venerdì 9 ottobre 2015


Vedrà presto la luce la nuova Costituzione? Quasi certamente sì. Varie truppe cammellate di riserva sono pronte nell’ombra a rimpiazzare, se necessario, la mini-fronda a sinistra del Partito democratico. Come si sa, le neo-reclute di complemento (transfughi grillini compresi) sono tutte bisognose di un posto in lista assicurato, visto che il nuovo sistema elettorale è del tipo in cui non si fanno prigionieri. Data l’aspettativa dell’astensione alta, l’unico residuo di partito-chiesa (dove chi lo sceglie continua a votarlo a dispetto dei santi) rimane quello bianco-rosa del centrosinistra Renzi-Alfano-Verdini, destinato a coagularsi nel famoso “Partito della Nazione” di quelli che “tengono famiglia”, per svolgere un ruolo di mattatore alle prossime legislative. Qualcuno dice (malignamente) che l’ex braccio destro del Cavaliere sia una sorta di Cavallo di Troia, per garantire il rispetto di interessi vitali del leader del centrodestra, in materia di giustizia e affari.

Sia come sia, non ho ancora avuto il piacere di leggere una parvenza di testo coordinato di quella riforma costituzionale che le Camere hanno finora approvato. Tuttavia, sono sicuro che la nuova riscrittura sarà di molto peggiorativa (soprattutto nello stile e nella chiarezza) rispetto al testo del 1948. Già autorevoli costituzionalisti hanno stigmatizzato il metodo di elezione semi-diretta dei senatori, che lascia ai Consigli regionali la parola definitiva sui candidati. Ma Renzi non può e non deve pensare che il mezzo Nazareno che lo lega al duo Verdini-Alfano sia poi indolore. Troppi numeri ballano per quanto riguarda la tenuta dei conti pubblici. Troppe promesse rischiano di non poter essere mantenute alla prova dei fatti.

Il Paese, malgrado i proclami altisonanti del Governo, è ben lungi dall’essere risanato. E le caste politico-sindacali del pubblico impiego sono sempre lì (lo si è visto con il disastroso sciopero dei trasporti romani, indetto da una sigla minoritaria!) per impedire che si faccia l’unica cosa giusta: cancellare migliaia di enti inutili, lasciando a casa il personale che non serve, ovvero utilizzando di preferenza la leva della mobilità- riqualificazione, volendo evitare di mettere sulla strada molte migliaia di padri di famiglia. Poi occorre privatizzare il più possibile, per quanto riguarda le partecipate dei Comuni e le aziende municipalizzate dei servizi pubblici locali, disboscando i rami secchi e potando il sistema clientelare che ruota attorno alle assunzioni, magari obbligando i dipendenti interessati a seguire corsi di aggiornamento particolarmente selettivi.

E invece Renzi che fa? Pensa di inglobare il Canone Rai nella bolletta elettrica, sollevando un autentico vespaio sia presso i consumatori che gli enti gestori. A me pare che solo il fatto di collegare un servizio “on- demand” (paghi ciò che consumi) ad un canone indistinto presenti anche forti elementi di incostituzionalità, in quanto rende impossibile distinguere tra i diritti e i doveri dei contribuenti. Tanto più che alla Rai arriverebbero quasi il doppio delle attuali risorse. Il che lo troverei sensato se, ad esempio, il contribuente potesse indirizzare l’impiego dell’ulteriore risorsa fiscale per lo Stato. Tipo: investimenti sulla banda larga, posta certificata per tutti, eccetera. Ma la cosa più importante è quella di dover precisare che cosa, oggi, si intenda per “Servizio pubblico radiotelevisivo”. Forse faremmo bene a comparare la nostra situazione con quella di Paesi come Francia, Germania e Inghilterra, per capirne bene il significato.


di Maurizio Bonanni