La svolta della Merkel e l’interesse nazionale

giovedì 10 settembre 2015


È l’interesse nazionale o un folgorante ed improvviso spirito umanitario a spingere la Cancelliera Angela Merkel a prevedere di accogliere in Germania due-trecentomila profughi all’anno per i prossimi anni?

Tenendo conto che fino a quando il flusso dei migranti ha riguardato solo Italia, Grecia e Malta la preoccupazione principale del governo tedesco è stata di bacchettare i mancati controlli dei tre Paesi mediterranei nei confronti dei clandestini che scappavano verso l’Europa del Nord, è difficile immaginare che la grande svolta sia il frutto di un’improvvisa conversione al buonismo dell’accoglienza indiscriminata. Può essere che la fotografia del bimbo morto sulla spiaggia abbia compiuto il miracolo e che la Cancelliera si sia lasciata prendere da quella commozione che non l’aveva colta quando le foto dei bambini morti venivano dal Canale di Sicilia. Ma è molto più probabile che la folgorazione sia stata favorita dalla considerazione che la maggior parte dei profughi indirizzati verso la Germania viene dalla Siria, è formata da famiglie, è mediamente acculturata, non è troppo dissimile da quegli immigrati turchi che in passato hanno contribuito al miracolo economico tedesco e può essere inserita in un processo produttivo che ha bisogno di forza-lavoro per mantenere i livelli altissimi raggiunti da tempo.

Nessuno, ovviamente, esclude il sentimento. Ma, per ammissione degli stessi governanti tedeschi, la grande svolta è stata provocata anche da un realistico calcolo degli interessi. Che non sono solo quelli economici, ma che rientrano a pieno titolo nella grande categoria dell’interesse nazionale.

È un peccato? Nient’affatto. Perché, a dispetto di tutte le dichiarazioni di europeismo sovranazionale, l’Unione europea si è rivelata negli ultimi tempi un coacervo di singoli interessi nazionali inevitabilmente dominati dall’interesse nazionale del Paese egemone del Vecchio Continente, cioè la Germania.

È necessario prendere atto, senza moralismi o inutili recriminazioni, di questa realtà. Perché la svolta della Merkel avrà come conseguenza l’inserimento di flussi di lavoratori più facilmente integrabili di altri nell’economia tedesca e dei Paesi del Nord e la collocazione di flussi di migranti meno integrabili nei Paesi del Sud del Mediterraneo. In Italia, ad esempio, il flusso che proviene dall’Africa del Nord e da Eritrea, Somalia e Paesi centroafricani è in gran parte formato da sottoproletari privi di qualsiasi preparazione a cui serve tempo ed istruzione per un qualche inserimento produttivo. Considerazione che potrà far piacere a chi ha riesumato il caporalato ed il lavoro semi-schiavista nei campi, ma che dovrebbe spingere il Governo a far pesare la differenza sul tavolo delle trattative europee sulle distribuzioni delle quote e sulla ripartizione degli aiuti.

Si tratta, in sostanza, di far pesare in qualche modo l’interesse nazionale. Che sarà pure egoistico e politicamente scorretto, ma che nell’Europa della disunità politica costituisce il principio a cui tutti si aggrappano per andare avanti.


di Arturo Diaconale