Laudato no

mercoledì 24 giugno 2015


L’esordio di Joseph Ratzinger nell’agone mediatico coincide con il celebre discorso di Ratisbona. I media e il nuovo Papa si erano studiati a lungo ma lì, nel bel mezzo di una lectio magistralis sul rapporto tra fede e ragione, Benedetto XVI scelse che ruolo giocare nel rapporto con l’opinione pubblica. Giornali, opinionisti, mainstream non l’hanno mai amato come Giovanni Paolo II e lui non ha mai cercato con ostinazione l’approvazione di chi stava fuori dalla Chiesa.

Bergoglio è tutta un’altra storia. Gesuita, ambientalista, telefona a tutti. In questi mesi ci hanno insegnato che è come il nero, sta bene con tutto. Non c’è occasione in cui una sua citazione, vera o presunta, riferita letteralmente o interpretata, non aiuti a rendere un qualsiasi ragionamento ancor più serio, ancor più argomentato. I giornali e le televisioni impazziscono per lui, l’intellighenzia di sinistra ha finalmente trovato il suo profeta. E lui, ovviamente, fa qualsiasi cosa per farsi andar bene il nuovo ruolo che ha imposto al papato. Chiama, accarezza, stringe, abbraccia, esterna. Parla tantissimo. E lo fa con i modi che piacciono alla gente che piace. Non stupisce che la sua ultima enciclica sfondi un portone spalancato come quello dell’ambientalismo. Ed è chiaro che là dove l’argomentare si fa scientifico servirebbe l’algido rigore di Ratzinger. Ma la provvidenza ci ha consegnato l’innata simpatia di questo argentino molto mediterraneo, capace, come nella migliore tradizione italica, di parlare di tutto con il tono giusto, pazienza se senza grossa cognizione di causa.

La tirata ambientalista della sua prima enciclica è imbarazzante. Perché rimuove dall’orizzonte ogni tipo di logica, consegna come scontate affermazioni che non lo sono e che richiederebbero un dibattito sano e fa discendere da questo neo-francescanesimo una visione del mondo che non esiste nella realtà. Le banche cattive, la finanza disumana, il mercato da combattere: come ci ha sin qui abituato, questo Papa va bene per tutti. Dallo statalista di destra fino al grillino complottista.

È un peccato ed un’occasione persa che mentre il mondo occidentale, le sue libertà, il suo modello di sviluppo sono posti sotto attacco dal fanatismo religioso e dalla militanza islamista, chi di quel mondo dovrebbe essere guida spirituale contribuisca nell’opera poco meritoria di perseguire la demolizione di quel modello. Un sistema, quello capitalista e del libero mercato, che ha sin qui garantito progresso e prosperità e che grazie alla globalizzazione ha fatto uscire dall’indigenza fette sempre più consistenti della popolazione mondiale. Sono aumentate le disparità? Probabilmente sì, ma sono diminuiti i poveri. Ed è alla cura degli ultimi che la Chiesa dovrebbe interessarsi, non alla depressione dei primi. Margaret Thatcher coglieva perfettamente il punto quando accusava i sacerdoti dell’uguaglianza di volere poveri sempre più poveri a patto che i ricchi fossero un po’ meno ricchi.

Francesco porta un nome evocativo, quello di un santo che non sarebbe mai diventato famoso senza una famiglia di ricchi mercanti alle spalle. Non sappiamo che idea abbia del mondo, ma è certo che questa retorica a buon mercato e i molti applausi di queste ore arrivano da quelli che, storicamente, non ne hanno mai presa una. Non il migliore dei debutti possibile.

 

(*) Articolo tratto da Rightnation


di Simone Bressan