“Sveglia Centrodestra”: il fuoco sotto la cenere

mercoledì 21 gennaio 2015


Era il 10 gennaio quando la Fondazione Farefuturo, in una gradevole mattinata romana, ha dato la sveglia alla politica organizzando un partecipatissimo convegno sul tema: “Giovani ricercatori, giornalisti, imprenditori: le idee per un centrodestra nuovo”. E, a seguire, un confronto tra Raffaele Fitto, Giorgia Meloni, Flavio Tosi, Adolfo Urso e il “founder” Lorenzo Castellani sulle primarie del centrodestra e l’opposizione al Governo Renzi. Non è stata la prima volta. Un’analoga manifestazione si è svolta a Milano lo scorso 18 ottobre. L’iniziativa, nata sulla scia della “Leopolda blu” con il coinvolgimento di testate care anche ai nostri lettori quali Rightnation, Notapolitica e Tocqueville, si è proposta di mettere insieme, in un corale sforzo di riflessione, il meglio che c’è oggi in Italia sul fronte della dottrina liberale declinata nella sua versione mediterranea.

L’impresa non era per niente facile perché in questi ultimi vent’anni è maturata una sola certezza: sotto l’ombrello dell’ecumenismo elettorale berlusconiano si sono ritrovati sia quelli che di idee di destra non ne avevano neanche una, sia quelli che ne avevano troppe. Mai si sono viste due personalità di destra che, sul tema del “che fare?”, la pensassero allo stesso modo. Forse la voglia di uscire dalla cattività in cui la politica dei grandi blocchi della “Prima Repubblica” aveva confinato un pensiero ritenuto inopportuno, se non apertamente “scorretto”, ha fatto dimenticare il resto. Poi, la caduta del muro di Berlino, la fine del comunismo e l’affermarsi nel mondo della filosofia del libero mercato, hanno costretto anche le classi egemoni italiane a sdoganare idee non propriamente compatibili con l’esercizio della rappresentanza intesa come missione riservata agli adepti delle “grandi chiese”.

L’entusiasmo per l’esserci ha fatto perdere di vista ai suoi protagonisti il dovere d’interrogarsi sul “come esserci”. Ora che il centrodestra, nella sua strutturazione originaria, lo si può dichiarare morto e sepolto c’è spazio per le menti più fresche, che – vivaddio – ci sono, di ripensare un progetto politico di lungo respiro per il nostro paese. Ma chi sono questi giovani virgulti che sfidano i titani della vecchia politica? È la generazione “Londra”, quella che se ne va dall’Italia per continuare a sperare. Si tratta di persone cresciute nell’alveo della cultura conservatrice di matrice anglosassone. Sono le “Partite Iva” della società della conoscenza, penalizzate oltre misura dall’attuale governo renziano, amico dei soliti “garantiti”. Il loro modello partitico di riferimento è quello repubblicano statunitense, inclusivo e plurale. Il nemico da combattere è la cattiva spesa pubblica che porta con sé un pessimo sistema fiscale, che provoca oppressione e disincentivazione nella volontà d’investire e d’intraprendere. Leggono i libri di Giulio Tremonti senza pregiudizi né soverchie timidezze. Il loro ancoraggio strategico è transatlantico, benché il perimetro sociale ed economico resti saldamente quello del moderno europeismo. Nel loro credo dalla moneta unica non si torna indietro. Il loro orizzonte è già oltre la vicenda umana e politica di Silvio Berlusconi. Lo strumento di selezione della nuova classe dirigente a cui pensano è quello delle primarie. Ci credono.

Permeati di spirito liberale, sono profondamente convinti che le cose possano cambiare. In meglio. Sono pronti alla sfida nella consapevolezza che la loro proposta potrebbe non essere compresa da un elettorato non ancora pienamente cosciente della necessità di lasciarsi il passato alle spalle. Nondimeno hanno voglia di provarci, pronti ad accettarne il verdetto. Qualunque esso sia. Anche se dovesse dare ragione al radicalismo identitario di Matteo Salvini. Perché, per loro, il rispetto delle regole del gioco democratico è il succo di una nuova religione civile. Non è forse, questo, un buon segno per una destra confusa ancora in cerca di senso? Il loro slogan è: “Ciò che è incapace di cambiare è incapace di conservarsi”. Occhio, allora, a questi ragazzi che hanno Edmund Burke nella testa e Margaret Thatcher nel cuore. Potrebbero stupirci.


di Cristofaro Sola