Un triennio a base di tasse e spesa pubblica

sabato 17 gennaio 2015


Per dirla in tutta sincerità, la contorta vicenda legata al nuovo e sempre più misterioso Presidente della Repubblica non mi appassiona neanche un po’. Al di là di qualsiasi considerazione di natura politico-istituzionale, chiunque sia il successore di Giorgio Napolitano nulla potrà mai cambiare sul piano di un inesorabile declino sistemico che nessuno, soprattutto tra i partiti con maggiore seguito elettorale, risulta in grado di poter quanto meno contrastare.

Un destino inesorabile allo sfacelo che il più mediatico dei Governi sembra addirittura voler accelerare esaminando una recente analisi, relativa al prossimo triennio, elaborata da Unimpresa. Lo studio si basa sui numeri ufficiali riportati nella nota tecnico-illustrativa alla Legge di Stabilità realizzata dalla Ragioneria dello Stato. Ebbene, il dato che emerge, il quale rende giustizia di tutti i proclami del falso profeta che occupa Palazzo Chigi, è abbastanza sconfortante, seppur da chi scrive ampiamente previsto fin dall’inizio della presa del potere da parte di Matteo Renzi: nel periodo 2015/2017 si prevede una crescita della spesa pubblica di ben 62,4 miliardi e maggiori entrate fiscali per 64,7 miliardi. Questa ennesima valanga di tasse deriverà dalla differenza dei tagli alle imposte previsti dall’Esecutivo dei miracoli, pari a 25,8 miliardi, e i paralleli e ben più forti inasprimenti delle aliquote, i quali assommano a quasi 90 miliardi, 89,5 per la precisione.

Dunque, per sintetizzare la questione con una battuta, possiamo dire che la coppia infernale Renzi-Padoan per ogni euro di minori tasse se ne riprende oltre 3 e mezzo, massacrando ulteriormente un sistema portato al collasso proprio da un eccesso di tassazione. Tant’è vero che il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, a margine del rapporto elaborato dalla sua organizzazione imprenditoriale, ha definito la prima legge di stabilità dell’era renziana “una gigantesca pagliacciata che non porta né riduzioni del carico fiscale né tagli alla spesa pubblica”.

Una tragica pagliacciata con la quale tenderà ad aumentare la distanza tra chi produce reddito reale e chi, clown della politica in testa, tale reddito si occupa solo di redistribuire e consumare. Solo che di questo passo la torta economica da spartire sarà sempre più piccola e a nulla potranno mai servire le promesse di rilancio da parte di un personaggio sempre più ossessionato dalla ricerca di un consenso personale, costi quel che costi. Purtroppo i numeri non sono gufi, egregio Presidente del Consiglio.


di Claudio Romiti