L’Italia di oggi: un Paese immobile

martedì 13 gennaio 2015


Come era scontato che accadesse, il dibattito politico italiano è stato letteralmente inondato dalla pur importantissima questione del terrorismo di matrice islamica. Ciò ha indubbiamente dato un certo respiro ad un Governo oramai col fiato corto, anche sul piano mediatico, consentendo al fenomeno di Palazzo Chigi di fare la sua bella passerella nella grande manifestazione internazionale di Parigi.

Tuttavia, diradandosi l’immenso polverone che i tragici fatti di Francia hanno creato nelle discussioni italiote, in cui grandi battaglioni di opinionisti e commentatori si sono trasformati in sommi esperti di terrorismo e di intelligence, è inevitabile che emerga il fosco quadro di un Paese sostanzialmente immobile, nonostante le altisonanti chiacchiere del Premier Matteo Renzi. Tant’è che l’Istat ha divulgato in questi giorni un dato raggelante sul deficit pubblico, salito nei primi nove mesi del 2014 al 3,7 per cento, in barba alle ridicole rassicurazioni espresse dal cantastorie fiorentino circa il rispetto di questo fondamentale parametro europeo. In sostanza è accaduto che la spesa pubblica ha continuato a crescere e il Pil a scendere, determinando l’ennesimo sforamento di un sistema che si ostina a voler vivere ben sopra le proprie possibilità.

Tutto questo dovrebbe cominciare a rendere evidente ai più ciò che a noi “gufi” liberali era apparso in filigrana, fin dai primi provvedimenti del Governo in carica: non si stava facendo nulla di quel che serviva all’Italia, raschiando addirittura il fondo del barile con nuove spese e ulteriori inasprimenti fiscali, più o meno occulti, con lo scopo di comprarsi il consenso. Da questo punto di vista, alla luce di uno sforamento nei conti che rischia di diventare catastrofico, appare in tutta la sua sinistra ombra il dissennato bonus degli 80 euro, il quale non ha spostato di una virgola il denominatore che misura il valore della ricchezza prodotta, aggravando invece l’insostenibile squilibrio causato da uno Stato che spende troppo e troppo tassa.

In sostanza, il preoccupante dato dell’Istat dimostra in modo quasi inconfutabile che la famosa scossa con la quale Renzi voleva risollevare la nostra disastrata economia è servita unicamente a consolidare una propria base di consenso di circa 10 milioni di elettori potenziali, senza tuttavia apportare alcuno stimolo a consumi e investimenti privati. E non è finita qui. Con l’arrivo della primavera la spada di Damocle delle famigerate clausole di salvaguardia ci cadrà inesorabilmente sulla testa, con nuovi e sempre più surreali aumenti di tasse, resi necessari dall’incapacità dell’esecutivo Renzi di ridurre anche lievemente i costi del colossale Stato burocratico e assistenziale. A quel punto è probabile che nemmeno un nuovo e malaugurato 11 settembre riuscirebbe ad occultare l’evidente fallimento dei chiacchieroni al potere.


di Claudio Romiti